BUDDY GUY – The Blues Is Alive And Well

Buddy-Guy[880]

BUDDY GUY
THE BLUES IS ALIVE AND WELL
Silvertone/Rca 2018

Sulla copertina del suo nuovo album, Buddy Guy si fa fotografare sorridente in tuta da agricoltore, ma con la chitarra al posto della vanga, al fianco del cartello stradale di Lettsworth, Louisiana, il paesino nel quale è nato 82 anni fa. Sebbene si sia spostato da adolescente a Baton Rouge e poco più che ventenne a Chicago, l’artista sembra volere riaffermare le sue origini nel momento in cui si avvicina alla fine della sua carriera. E lo fa con una classe immensa, con un disco di qualità che ribadisce la sua statura iconica di ultimo grande chitarrista del blues di Chicago, lui che arrivò in città mettendosi in competizione con i contemporanei Magic Sam e Otis Rush, che lo aiutò a ottenere il primo contratto con la Cobra Records. In seguito, pur avendo difficoltà con la Chess Records per il suo stile influenzato dal rock, ha inciso dischi importanti con Junior Wells (Hoodoo Man Blues è un classico), emergendo come solista negli anni ottanta, aiutato dall’appoggio di amici importanti come Eric Clapton e i Rolling Stones, che ne hanno sempre riconosciuto l’influenza. In studio Buddy ha mantenuto una continuità sorprendente, mentre dal vivo negli ultimi anni tende un po’ troppo a gigioneggiare, alternando momenti esaltanti ad altri dimenticabili. Da Skin Deep (Silvertone 2008) ha iniziato a collaborare con il produttore e batterista Tom Hambridge, autore di gran parte del materiale degli cinque dischi più recenti. Il doppio Rhythm And Blues (Rca 2013) ha debuttato al n.27 nella classifica americana, confermando la sua notevole popolarità, non solo nella ristretta cerchia di appassionati di blues, mentre Born To Play Guitar (Rca 2015) ha vinto un Grammy come miglior album di blues. Con The Blues Is Alive And Well il chitarrista realizza un altro disco significativo, il diciottesimo da solista in studio, destinato probabilmente ad aggiungere un nuovo Grammy alla collezione, vista la qualità dei brani e delle interpretazioni. Qualcuno si soffermerà sulla presenza di ospiti famosi ma, per quanto l’armonica di Mick Jagger sia funzionale allo splendido slow You Did The Crime e le chitarre di Jeff Beck e Keith Richards abbelliscano un altro lento da antologia come Cognac, non sono presenze indispensabili, perché il mid-tempo della title track, la vitale Old Fashioned irrorata dai Muscle Shoals Horns, la riflessiva When My Day Comes con le tastiere calde di Kevin McKendree e la magistrale cover dello slow Nine Below Zero (puro Chicago Blues) non sono meno efficaci. La voce di Buddy sembra avere l’energia e la vitalità di un trentenne, quanto alla chitarra c’è poco da dire, è un maestro e lo conferma per l’ennesima volta. Un disco da quattro stelle, che sarebbe stato perfetto con un paio di brani in meno.

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