CARRINGTON MACDUFFIE – Rock Me To Mars

MacDuffie Rock me Mars[702]

CARRINGTON MACDUFFIE
ROCK ME TO MARS
2017 Pointy Head Records

Carrington MacDuffie, l’artista di New York, che recensimmo con piacere tempo fa è tornata dopo tredici mesi con un nuovo, seppur breve, lavoro. Proprio oltre un anno fa avevamo parlato positivamente del suo Crush on You, bissato adesso dopo quattordici mesi da Rock me to Mars, album che è notevolmente caratterizzato dalla sua title track, piacevolissimo ed orecchiabile sincopato brano folk/pop che una volta sarebbe stato un eccellente 45 giri. Segue la roccheggiante e solare Because I couldn’t have you con leggera infarinatura pezzata, notevole pezzo di gran ritmo. Come l’anno sorso nel quale il suo album minimale proponeva solo cinque pezzi ci troviamo tra le mani un dischetto di soli sei brani ma come la precedente volta anche in questa occasione sono tutti piacevoli e ben eseguiti. Better than Way segue una miscela di folk acustico diremmo da camera tanto edulcorato e tanto classico nella sua schietta semplicità. Lay Down and Let Go è caratterizzato da un suono simil moog e si potrebbe collocare a cavallo tra funky, prog ed elettronica, può ricordare una progressiva Ani Di Franco mentre Sweet Young Thing, cover da C.King/G Goffin/M.Nesmith ripercorre i canoni classici del cantautorato con la chitarra elettrica da lei suonata che detta i tempi ed è pure questo brano di semplice orecchiabilità che resta impresso al primo ascolto, pur se non si conosce l’originale. Lei oltre alle chitarre si cimenta al piano e all’ukulele aiutata da Rob Halverson al basso, synth organo, piano, percussioni e chitarra; da Daniel Jones e Thor Harris alla batteria e da Paul Klemperer al sax. Brava e bella artista, che ricorda pur se in versione capelli neri molto Sharon Stone e ci regala un dischetto dai contenuti intensi ed inebrianti prodotto da Halverson che si chiude con Come for Me, lancinante ballata minimale ma di grandissimo effetto ed impatto. Molto bello, sicuramente non una sorpresa considerando quanto ci aveva affascinato anche il suo precedente lavoro.
Molto meglio la back cover che la front cover clone quasi spudorato di un vecchio album di Roger Mc Guinn.

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