Posts Tagged ‘Bocephus King’

BOCEPHUS KING – The Infinite & The Autogrill Vol. 1

di Paolo Crazy Carnevale

22 aprile 2020

bocephus-king-the-infinite-and-the-autogrill-vol1-20200225171154[133]

Bocephus King – The Infinite & The Autogrill Vol. 1 (Appaloosa 2020)

Strana la vicenda musicale di Bocephus King… un musicista di gran talento indubbiamente, ma che a giudicare dalle cronache e dalla discografia non sembra avere un seguito particolare dalle sue parti (Canadà) o comunque Oltreoceano: piuttosto invece è acclamato in Italia, o comunque in Europa (uno dei suoi pochi dischi è stato pubblicato negli anni novanta dalla tedesca Blue Rose). Certo, è più facile ritagliarsi una fetta di seguito tra gli appassionati italiani come che in America dove i musicisti di talento abbondano, ma la cosa più di tanto non ci interessa, in fin dei conti è la musica che conta, e in questi ultimi anni di musica in giro per la penisola Bocephus King ne ha seminata tanta, dal vivo poi è una forza della natura, un trascinatore, che è poi quello attorno a cui si è costruita la sua fama italiana. Da sempre, praticamente, è amico di Andrea Parodi che oltre ad essere il responsabile dei suoi innumerevoli tour italici è anche il produttore di questo nuovo disco e il mediatore del contratto con l’Appaloosa.

Diciamo subito che il disco è bello, prodotto con grande gusto, bella la scelta delle canzoni, Bocephus canta molto bene; piuttosto non facciamoci fuorviare dalla scheda di presentazione che dice che Bocephus è figlio del suono di van Morrison, dei Rolling Stones e di Bob Dylan, perché francamente non ho trovato alcuna traccia di queste discendenze sonore, e la cosa penso sia solo positiva, in quanto questo fa di Bocephus qualcosa che va oltre l’avere dei riferimenti. Certo riferimenti ci sono, personalmente a me viene più in mente (per il modo di cantare e anche per qualche scelta musicale) il buon Little Steven.

Il disco, comunque lo si voglia vedere, è un omaggio al nostro paese, fin dal titolo ispirato dall’Infinito leopardiano e dall’Autogrill di Francesco Guccini che si vocifera appariranno sul prossimo volume dalla medesima denominazione: un omaggio che tra le nove tracce vede l’inclusione in lingua inglese di due canzoni di cantautori italiani, ma anche un omaggio che ci presenta una canzone dedicata alla rivista “Buscadero” e alla manifestazione musicale dalla rivista ispirata.

Il disco si apre con i suoni introspettivi di One More Troubadour, brano cupo e triste considerazione su un cantautore/trovatore costretto a cantare davanti ad un pubblico sparuto e indifferente più intento a guardare lo schermo dell’i-phone che a prestargli attenzione, che probabilmente è poi quello che accade a tanti artisti americani in patria, mentre da noi vengono acclamati e portati in trionfo, seguiti, cosa che fa loro amare l’Italia o l’Europa in generale.

In Something Beautiful, dall’iniziale tessuto acustico volto a crescere, c’è ospite alla voce l’amico Parodi, poi il sound esplode nella cavalcata spaghetti western di Buscadero, con ampi riferimenti alle varie edizioni del “Buscadero Day” a cui King ha preso parte negli ultimi anni, come ospite e come animatore, e con una manciata di riferimenti al cinema western all’italiana e alla sua discendenza dai film di Kurosawa, e ai personaggi della storia del west come Annie Oakley e Toro Seduto. The Other Side Of The Wind è una ballata giocata sulle molte chitarre suonate da Bocephus e da Alex Gariazzo (Treves Blues Band), sul piano e su atmosfere messicaneggianti. Di nuovo il cinema è all’origine di John Huston, con ovvi riferimenti al grande regista di origine irlandese, qui a cantare c’è ospite il compagno di scuderia James Maddock. Il primo omaggio alla canzone d’autore italiana è con una bellissima versione di Lugano addio di Ivan Graziani (di cui anni fa King aveva già eseguito dal vivo una versione inglese di Pigro), che qui diventa Farewell Lugano, con la doppia voce di Jane Aurora. Una cover particolare e riuscita, un omaggio ad un personaggio mai abbastanza ricordato della musica italiana. La speranza è che il disco abbia una distribuzione ed un po’ di seguito anche fuori dall’Italia, perché così il senso delle cover di brani italiani sarebbe maggiormente finalizzato.

Identity è una ballata struggente, intima, fluida in cui l’autore si pone una serie di interrogativi. Il secondo omaggio alla canzone d’autore italica è con Crêuza de ma del grande “Faber”. La traduzione è molto riuscita, il brano è ben arrangiato, vocalmente piaceva di più la cover del brano fatta da un altro americano (ma cantata in genovese), Gene Parsons, inserita qualche anno fa in un disco di Beppe Gambetta. Il disco si chiude con l’inno alla vita di Life Is Sweet, brano semplice che invita a vivere la vita con gioia, “dal giorno in cui la nave entra in porto a quello in cui leggono il tuo testamento”.

BOCEPHUS KING – The Illusion Of Permanence

di Ronald Stancanelli

16 novembre 2015

bocephus

BOCEPHUS KING
The Illusion Of Permanence
2015 Appaloosa IRD

Avevamo ascoltato recentemente questo nuovo lavoro di Bocephus King che però ci aveva lasciato perplessi e lo avevamo messo da parte per riascoltarlo con calma ma onestamente era poi restato nel classico cassetto. Poi essendo il musicista canadese stato la vera anima allegra e festosa di tutto il Buscadero Days da poco svoltosi a Pusiano abbiamo rimesso il suo cd sul piatto e lo stiamo riascoltando riscoprendolo sotto un’altra luce.

Nei vari show nei quali lo abbiamo visto, due da solo e vari assieme ad altri artisti, Bocephus King ha dato l’idea di essere un vero animale da palcoscenico, superbo assieme a Bob Rondelli, e di divertirsi a fare il suo mestiere in modo impeccabile. Veramente il tocco in più che ha illuminato i due giorni di festa e musica sul lago di Pusiano. Ricordando che il suo vero nome è James Perry e che arriva da Tsawwassen, un piccolo paese canadese di pescatori sull’Oceano Pacifico che molto lo ha ispirato a scrivere le sue canzoni a volte brevi o minimali che sono un compendio di rock, blues, folk, country e dense di tante altre sfaccettature musicali. Nella stranezza di vari suoi brani e dei loro particolari arrangiamenti l’artista canadese ci ricorda sia Jonathan Richamn che Ben Vaughn e questo The Illusion of Permanence è il suo sesto lavoro. Ricordiamo anche che Bocephus, che ha trovato nell’Italia il suo secondo paese, ha prodotto i due dischi solo del cantautore Andrea Parodi e che insieme hanno partecipato con Suzanne al tributo a Fabrizio De André 1000 PAPAVERI ROSSI del 2003.

Un lavoro interessante anche se fruibile in modo più semplice solo dopo alcuni ascolti questo The Illusion of Permanence, titolo molto significativo e profondo, mescola in alcuni frangenti sonorità folkeggianti a influenze orientali talvolta lente e strascicate (The Light that has lighted the World) mentre in altri momenti una lunga distesa country illumina il percorso (Hummingbird) e ancora in altra circostanza propone una geniale ballata di estesa ampiezza con la voce in tracimante forma di gran crescendo e una chitarra acustica lancinante che ne fanno il gioiello del disco (Roadside Shrine). Disco che nel coloratissimo ed eccellente libretto ha le liriche sia in inglese che in italiano e nel quale Bocephus suona oltre una mezza dozzina di strumenti coadiuvato da altri nove artisti tra cui Max Malavasi alla batteria e percussioni che abbiamo anche sentito a Pusiano in più set musicali appunto alle percussioni.

La quasi totalità dei brani è a firma del musicista canadese o da solo o con altri artisti mentre due sono le cover, una da Reverendo G . Davies e l’altra di George Harrison. Un percorso musicale quello di Bocephus King sinceramente non facile e che ovviamente non mira certamente alla canzone da classifica e nemmeno, diremmo, alla sua orecchiabilità; ma ciò non toglie che questo disco possa essere assimilato ed apprezzato da una buona schiera di ascoltatori appassionati di buona e sperimentale musica. I testi, aiuta la traduzione, sono intelligenti e profondamente rivolti a una ricerca sia essa interiore che esteriore verso un approdo, un porto che per un attimo fermi il troubador, sognatore, viaggiatore e gli dia il tempo giusto per la riflessione. Un bel profondo lavoro che non esitiamo a consigliare. Stramba, e non poteva non essere che così, la cover nel cui interno le dediche sono rivolte per due terzi ad interlocutori del nostro paese. Prodotto dalla nostrana Appaloosa è distribuito da IRD.