Archivio di novembre 2025

RACHEL GOODRICH – Once Before

di Paolo Baiotti

27 novembre 2025

Untitled Artwork

RACHEL GOODRICH
ONCE BEFORE
Soul Selects 2025

Nativa di Miami ma da tempo residente a Los Angeles, acclamata polistrumentista, Rachel ha costruito una carriera ridefinendo i confini musicali con un approccio giocoso ed eclettico dopo la partenza indie-rock di Tinker Toys del 2008. Sono seguiti un paio di Ep e di album (notevole Baby, Now We’re Even del 2014), finchè si è fatta notare per il guitar-pop di Broken Record del 2023 pubblicato solo in vinile.
Il recente Once Before conferma le sue qualità vocali spostandosi un po’ a sorpresa in ambito jazzistico, anche se in passato la sua musica è stata definita un mix di indie pop, swing jazz e country folk. Nel nuvo disco ci sono otto canzoni per circa 20’, un mini-album sofisticato, ricercato, molto melodico e notturno in cui è accompagnata da Joe Russo alla batteria e Jon Shaw al basso, una sezione ritmica pulita e morbida al punto giusto, con il piano di Rose Droll che si inserisce con ammirevole puntualità. L’apertura è affidata al sentimentale singolo Why Do We Fall In Love? elegante e affascinante, con un pizzico di nostalgia per le atmosfere del jazz di altri tempi che si riaffacciano anche nelle altre tracce, come la swingata You Don’t Own Your Swing interpretata con grazia e vulnerabilità, in cui interviene la tromba di Joe Gullace, la mossa Art Deco Town e la ballata notturna The Moon, proseguendo con le stesse modalità fino alla raffinata e sofisticata chiusura di Dreamland.

Paolo Baiotti

JIM PATTON & SHERRY BROKUS – Two True Loves

di Paolo Baiotti

27 novembre 2025

true two

JIM PATTON & SHERRY BROKUS
TWO TRUE LOVES
Berkalin Records 2025

Il duo formato dai coniugi Jim Patton & Shelly Brokus è ospite fisso del nostro sito. Nel 2018 ci siamo occupati di The Hard Part Of Flying, il quarto disco inciso in compagnia di Ron Flynt, polistrumentista già con i 20/20 e The Bluehearts che ha prodotto e registrato nei suoi studi di Austin, nel gennaio 2020 della raccolta The Collection 2008-2018, nel 2022 di Going The Distance, qualche mese fa dei due album successivi, Big Red Gibson e Harbortowne. La loro collaborazione dura da più di 40 anni, dapprima con il gruppo folk/rock Edge City di Baltimora, poi dopo lo spostamento in Texas ad Austin con una serie di dischi in coppia, tra i quali quelli sopra citati.
In Big Red Gibson i due sono tornati ad un suono più rock, sempre elettroacustico, mentre Harbortowne ne ha rappresentato il lato più folk e cantautorale. In Two True Loves viene ricalcata l’atmosfera di Big Red Gibson, un rock leggero con venature country e folk in cui la voce solista di Patton è affiancata da Sherry ai cori. Flynt si occupa di basso, tastiere, chitarra acustica e produzione, l’amica Bettysoo dei cori, mentre la batteria è affidata a John Chipman e la chitarra solista a Jud Newcomb. Come spesso succede nei loro dischi il livello medio è discreto, ma non ci sono delle punte (e neppure delle cadute), anche perché la voce di Jim è piuttosto uniforme. Il titolo vuole significare che in alcuni momenti è necessario scegliere tra qualcosa che ami e la persona che ami. Ci sono anche altri temi che attraversano l’album: la solitudine e la paura della solitudine, così come le conseguenze che derivano dalla pura avidità. Two True Loves, concepito come un seguito di Big Red Gibson, è una combinazione di alcune vecchie canzoni degli anni ‘80 registrate in una nuova veste e di altre scritte più recentemente.
Tra i brani si fanno preferire la partenza energica di I Want It All (”I want a job that I care about/A club nearby where we can twist and shout/And a few good songs on the radio/And someone to hold me when I feel alone.”), True Two Loves profumata di anni sessanta con un suono byrdsiano, la mossa Leave Me Alone, il morbido country Why Did You Leave me For Him?, la ballata Local Yokels e She Doesn’t Want To See You Anymore scritta da Jim con Mookie Siegel (David Nelson Band, New Riders of Purple Sage).

Paolo Baiotti

SU ANDERSSON – Postcards

di Paolo Baiotti

27 novembre 2025

Cover-Postcards

SU ANDERSSON
POSTCARDS
Firma Su 2025

È un personaggio particolare Su Andersson: nata a Goteborg, ha esordito tardivamente dopo 35 anni da architetto di successo e amministratore delegato di una società. In età matura, avendone anche le possibilità, Su riscopre la passione per la musica soffocata per anni e si dedica a questa nuova avventura, confortata da una voce di un certo spessore, facendosi aiutare da un gruppo di validi collaboratori guidati dal produttore Henning Sernhede che la segue dall’inizio anche strumentamente suonando basso, chitarra e armonica. Se l’esordio Train Stories era basato sulle sensazioni derivanti da un viaggio in treno coast to coast negli Usa, con un’atmosfera tra folk, pop-rock e country, il successivo Brave è stato influenzato dalla pandemia che ha costretto all’isolamento facendo riflettere la Andersson su questa situazione e sulla necessità di interagire con le persone.
Il recente Postcards torna sul tema del viaggio, in quanto Su, come spiega nelle note di copertina, ha voluto mandare i suoi saluti con delle simboliche cartoline da dieci località visitate durante un viaggio affrontato da sola che, nell’autunno del 2021, l’ha portata in alcuni paesi europei tra Germania, Francia e Spagna, celebrando il ritorno della speranza e della comunicazione superato il periodo peggiore della pandemia. Ogni canzone intende catturare sensazioni e sentimenti provati in una delle città del viaggio. Oltre a Henning e alla Andersson (voce, armonica, piano elettrico e chitarre) hanno partecipato alle registrazioni Malin Almgren alle percussioni e Axel Olsson alle tastiere e ai cori. Al roots-rock grintoso di Voices From The Future seguono l’atmosfera mitteleuropea di Vertigo, l’intenso mid-tempo Transit in cui si nota il sax di Axel Cronè, la ballata pianistica Pink Shelter e l’intima Reunion con tocchi di armonica e piano. Nella seconda parte dell’album spiccano la bluesata Based On A True Story con una chitarra espressiva, il folk sognante di Sunset Unlimited, l’eterea e intensa allo stesso tempo Oh La La ambientata a Parigi e la chiusura elegante di Voices From The Past che ci riporta ad Amburgo dove è iniziato il viaggio.
Da segnalare la cura posta nella grafica del cd, confezionato in digipack rigido con i testi e un disegno per ogni canzone della disegnatrice spagnola Xema Fuertes.

Paolo Baiotti

MIKE FARRIS – The Sound Of Muscle Shoals

di Paolo Baiotti

20 novembre 2025

Crop-Mike-Farris-

MIKE FARRIS
THE SOUND OF MUSCLE SHOALS
FAME/MALACO 2025

La voce di Mike Farris è una delle migliori su piazza, che si tratti di esibirla tra hard rock e blues come negli Screamin’ Cheetah Wheelies, band nella quale ha militato nei turbolenti anni novanta, sia che si districhi abilmente tra soul, gospel e rhythm and blues come è avvenuto nella successiva carriera solista che ha avuto uno sviluppo molto positivo dopo che l’artista si è liberato dalla dipendenza di alcool e droga abbracciando la fede con la pubblicazione di Salvation In Lughts nel 2007, un disco eccellente tra rock, soul e gospel. Questo momento fondamentale è proseguito con la formazione della Roseland Rhythm Revue, l’uscita dell’esuberante live Shout! e del brioso e spumeggiante Shine For All The People (Compass 2014), rinascita dopo una ricaduta nelle dipendenze che gli ha fruttato un Grammy come miglior album gospel-roots. Successivamente il cantante di Winchester, Tennessee, ha pubblicato Silver & Stone nel 2018, un disco appena più raffinato, sempre imbevuto di soul tra brani autografi e riletture di classe. Superato lo tsunami della pandemia si è riunito con i vecchi compagni degli SCW per una serie di date americane; quindi, ha deciso di fare quello che per una voce come la sua era inevitabile, un pellegrinaggio ai Fame Studios di Muscle Shoals in Alabama dove ha collaborato con membri della leggendaria sezione ritmica degli studi e con altri session men di lusso tra i quali Clayton Ivey (tastiere), Will McFarlane, Kelvin Holly e Wes Sheffield (chitarra), Jimbo Hart (basso) e Justin Holder (batteria). Con loro ha registrato un disco che si può considerare la vetta della sua produzione solista, coadiuvato dall’attenta supervisione di Rodney Hall, figlio del produttore Rick Hall, mettendo in luce quella che una rivista ha definito “una voce sovradimensionata piena dell’elettricità del sabato sera e della grazia divina della domenica mattina”.
The Sound Of Muscle Shoals comprende undici brani senza un riempitivo: la partenza travolgente con l’errebi di Ease On in cui Mike racconta la sua giovinezza in Franklin County, doppiata da Heavy On The Humble che parte acustica e si sviluppa maestosa tra soul e rock (che bel suono hanno le chitarre in questo disco!), la notevole ripresa dello slow Swingin’ di Tom Petty (era su Echo) venato di gospel nei cori e lo swamp-rock di Bird In The Rain ne caratterizzano la prima parte. La seconda non è da meno con il gospel Slow Train dal repertorio degli Staple Singers, le venature country della scorrevole Bright Lights, l’intensa ballata soul Before There Was You & I che non può non ricordare Otis Redding, per finire degnamente con Sunset Road, un rhythm and blues in cui si apprezza ancora una volta l’apporto delle coriste.
The Sound Of Muscle Shoals è la celebrazione di una delle voci migliori dell’ultimo trentennio, sicuramente meno conosciuta e acclamata di quanto meriterebbe.

Paolo Baiotti

ANGELO DE NEGRI & ALDO PEDRON – Live Aid

di Raffaele Galli

11 novembre 2025

LIBRO LIVE AID- copertina

ANGELO DE NEGRI & ALDO PEDRON

Live Aid

Arcana, pp. 550 € 25

Chi non ricorda il Live Aid, il più grande spettacolo televisivo benefico mai realizzato? Senza essere dei particolari appassionati di musica la memoria corre subito a quell’evento, tenutosi ormai più di quarant’anni fa, il 13 luglio 1985, che ha coinvolto molte rock stars su due palchi diversi, al di qua e al di là dell’Atlantico, a Filadelfia da una parte e a Londra dall’altra, in una maratona televisiva di diciassette ore tenutasi per raccogliere fondi per combattere la fame in Africa, vista da oltre un miliardo e mezzo di spettatori in tutto il mondo. Ebbene è uscito oggi un libro totalmente dedicato all’avvenimento a cura di Angelo De Negri, cofondatore dell’associazione MusicArTeam nonchè autore di diversi libri di carattere musicale e Aldo Pedron, nostra vecchia e ormai abituale conoscenza che scrive di musica ormai a tutto campo. Si tratta di un’opera omnia che descrive l’evento nei suoi minimi dettagli, minuto per minuto, presentando la scaletta di tutti i brani eseguiti dagli artisti coinvolti, che dà anche un giudizio su ciascuna performance eseguita, senza risparmiare critiche, se del caso. Superfluo sarebbe elencare tutti i presenti perchè sottrarrebbe spazio alla descrizione del volume e del suo contenuto. È importante sottolineare che l’evento viene presentato nel contesto storico e musicale del tempo, una sorta di seguito dopo le esperienze dei grandi dischi solidali dell’epoca, da Do They Know It’s Christmas ? del Band Aid a We Are The World degli USA for Africa. Minuzioso il racconto dei retroscena relativi all’organizzazione, un lavoro immane che ha richiesto sforzi notevolissimi, della ‘tattica’ usata da Bob Geldof, il cantante e attivista irlandese deus ex machina dell’organizzazione, usata per convincere gli artisti a farsi coinvolgere. Interessante il saggio di Giovanni Fabbi sui cambiamenti culturali, politici ed economici che hanno riguardato Gran Bretagna e Stati Uniti, le nazioni ospitanti il Live Aid, che si sono sviluppati tra il 1980 e il 1985 che hanno contribuito a creare i presupposti per un avvenimento di portata epocale. E’ intrigante leggere come due colossi concorrenti dell’alimentazione quali Coca Cola e Pepsi Cola si siano prestati a dare il loro contributo all’iniziativa senza pestarsi i piedi e di come siano stati i figli a convincere Paul Mc Carthy ad essere della partita. Sono saliti sul palco i Led Zeppelin ? Sì, anche se non con il loro nome ma come Plant, Page e Jones, con Phil Collins ospite alla batteria, perchè dopo la morte di John Bonham i tre rimasti del gruppo avevano deciso di non usare più il loro nome divenuto leggendario. La loro apparizione non è stata delle migliori, ma quel che conta è che abbiano deciso di esserci per la causa e per la gioia dei loro moltissimo fans. Niente Stones ma sì Mick Jagger, accompagnato dalla Hall & Oates Band e dall’esuberante Tina Turner, mentre Bob Dylan ha avuto come ospiti alla chitarra sia Keith Richards che Ron Wood. Tanta gloria per gli U2 di Bono, autori di una travolgente e straordinaria prestazione che ha dato la svolta definitiva alla loro carriera artistica. Insieme ai Queen sono stati ritenuti trionfatori dell’evento. Un tomo che sarebbe un peccato non leggere perchè ha qualcosa da raccontare a ciascuno di noi.

Raffaele Galli

ALICE HOWE & FREEBO – Live

di Paolo Baiotti

11 novembre 2025

alice live 2

ALICE HOWE & FREEBO
LIVE
Know Howe 2025

Cresciuta in Massachusetts, Alice si appassiona alla musica folk, blues e rock ascoltando i dischi dei genitori. Si trasferisce a Seattle per il college, lavora in un negozio di dischi e suona nei club. Esordisce con un Ep seguito dall’album Visions inciso in California, confermando le influenze folk e blues. La collaborazione con Freebo (Daniel Freedberg), bassista e autore di Los Angeles del ‘44, inizia in questo periodo. Già con Bonnie Raitt negli anni Settanta, poi con Maria Muldaur, Jackson Browne, Ringo Starr e John Mayall, è un musicista esperto che ha anche pubblicato alcuni album da solista. Il secondo disco Circumstance viene inciso nei leggendari Fame Studios di Muscle Shoals in Alabama, denotando notevoli progressi sia nell’uso della voce soul profonda e matura, sia nella scrittura in parte solitaria in parte con Freebo, produttore fin dall’esordio. Ed ora Alice pubblica un album dal vivo registrato a Port Townsend nel giugno del 2024 in coppia con Freebo, con una formazione in trio che aggiunge il prezioso chitarrista Jeff Fielder (Mark Lanegan, Amy Ray) già presente in studio, creando un suono elettroacustico efficace e scorrevole che si adatta alla voce melodica della cantante e a quella più ruvida del bassista. Cinque tracce sono estratte da Circumstance, cinque da If Not Now When, l’album più recente di Freebo; l’iniziale ballata cantautorale Twilight proviene dall’esordio di Alice, gli altri tre brani sono cover.
Tra i brani della Howe, dotata di una voce veramente notevole, calda ed emozionante, spiccano la fluida Somebody’s New Lover Now, la morbida You’ve Been Away So Long e l’intima Something Calls To Me in cui si inserisce la slide con tocchi raffinati. Le tracce del bassista, tra le quali la ritmata Sometimes It’s For Nothin’ con un assolo brillante di Fielder e la ballata Standing Ovation, sono arricchite dai controcanti di Alice, oscillando tra influenze blues e cantautorali, ma colpiscono meno rispetto ai brani della Howe.
Quanto alle cover, i sapori sudisti di Sailing Shoes (Little Feat) sono accentuati dalla slide di Fielder, con la voce soul di Alice che accompagna quella di Freebo, una delicata A Case Of You denota l’influenza della sua autrice Joni Mitchell sulla ragazza, mentre la ballata Angel From Montgomery (John Prine) cantata a strofe alterne è la degna chiusura di una serata riuscita.

Paolo Baiotti