WEST OF EDEN – Whitechapel
WEST OF EDEN
WHITECHAPEL
West of Music 2024
In attività da quasi trent’anni con tredici album all’attivo, gli svedesi West Of Eden di Goteborg hanno quasi sempre cantato in inglese, fedeli ad una matrice folk celtica. Nel 2021 hanno pubblicato in svedese Taube, interpretando brani del cantautore locale Evert Taube, molto conosciuto in Svezia; l’anno dopo sono tornati all’inglese con Next Stop Christmas, secondo album natalizio del loro percorso dopo Another Celtic Christmas del 2016, seguito da lunghi tour nei paesi nordici, ripetuti ogni anno sotto le festività.
Punti di forza del gruppo sono la voce chiara e limpida della leader Jenny Shaub che suona anche il flauto e la fisarmonica e che ha una tonalità perfetta per il folk britannico che richiama Fairport Convention e Steeleye Span, coadiuvata dal fratello Martin Shaub alla voce, chitarra acustica, mandolino e tastiere; gli altri componenti sono Lars Broman al violino, Henning Serhede alla chitarra, lap steel e banjo, Martin Holmlund al basso e Ola Karlevo alla batteria, percussioni e bodhran.
Nei loro dischi hanno sempre curato le armonie vocali e il suono, nonché la grafica. Anche il nuovo album è un digipack in cd con un booklet che contiene i testi; inoltre ha la particolarità di essere un concept album in cui le canzoni hanno come soggetto le storie delle donne vittime di Jack lo squartatore, criminale che ha agito nell’Ottocento nel quartiere londinese di Whitechapel. Siamo quindi in pieno ambito di “murder ballads”, sviluppate con un’alternanza di suoni elettrici e acustici combinati con sapienza.
Tra i brani di un disco che scorre veloce senza momenti di stanca spiccano Whitechapel Blues che descrive il quartiere fungendo da introduzione, seguito dal folk-rock The Ten Bells (riferimento a un pub della zona associato a due vittime del killer) in cui Jenny canta e suona la fisarmonica, la notevole ballata Nothing profumata d’Irlanda e interpretata alla perfezione da Jenny, la robusta e trascinante Harry The Hawker cantata da Martin che richiama il suono dei migliori Waterboys con l’intervento del banjo di Ron Block (Union Station), la scorrevole Mudlarking, lo strumentale irish Dark Annie e la delicata We Will Never Be Afraid Again che chiude l’album con un testo di speranza per un futuro più sereno.
Paolo Baiotti
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