LUCA & THE TAUTOLOGISTS – Paris Airport 77

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LUCA & THE TAUTOLOGISTS
PARIS AIRPORT ‘77
RecLab/Ird 2023

Nelle sue sette vite musicali (o forse sono di più) Luca Andrea Crippa ha collaborato con artisti internazionali (Don DiLego, Damon Fowler, Baby Gramps, Jonny Kaplan), ha fatto per cinque anni il promoter con lo pseudonimo Curtis Loew (scelto non a caso…), ha inciso una manciata di dischi come chitarrista, arrangiatore e produttore con Ruben Minuto e suonato per anni nella piu longeva tribute band italiana dei Lynyrd Skynyrd (Mr Saturday Night Special) e in una band di alternative country (No Rolling Back). Alla fine è giunto finalmente il momento dell’esordio come solista avendo già pronti più di 40 brani per completare una tetralogia (!). Per questa occasione speciale Luca (voce e chitarre di ogni tipo) si è appoggiato a dei veri amici oltre che valenti colleghi: Ruben Minuto che stavolta si disimpegna prevalentemente al basso lasciando il ruolo di chitarrista a Leandro Diana e Daneb Bucella alla batteria sono i Tautologists, con la valente assistenza di Riccardo Maccabruni alle tastiere.
Registrato in pochi caldi giorni di luglio nei RecLab Studios di Larsen Premoli e prodotto da Crippa, Paris Airport’77 è un disco corposo di 14 tracce (compresa una mini suite in tre parti) in cui viene riassunto il percorso musicale dell’autore, da sempre vicino a un suono rock di matrice americana qui riproposto in un modo particolare, senza ricalcare schemi prevedibili o prefissati che si ricolleghino alle sue passioni (southern e country rock), con una certa fantasia e arrangiamenti molto curati anche nei particolari.
La title track posta in apertura si distende scorrevole grazie a una melodia ben definita, con la voce che richiama Mike Scott dei Waterboys e una ritmica in cui è accentuato il ruolo della batteria, prima dello spazio per gli assoli di Ruben (di stampo southern), Riccardo e Luca (più intimista). Il melodico tempo medio Dreams Become Promises ha una sorprendente accelerazione finale che precede la prima parte di Things Get Their Name From A Spell con la voce bassa narrante di Luca che si apre nel finale ad un’altra accelerazione, mentre solo nella terza parte le chitarre si lasceranno andare. Nel prosieguo spiccano l’immediata e nostalgica There’s A Time That Never Ends, primo singolo dell’album, la raffinata Undelivering con il piano in evidenza, la ballata intima Is It All That I Learnt e la grintosa The Man In The Wool Overcoat, mentre non mi convince l’oscura e anomala Winter Heights And My Falldowns ammantata dai suoni programmati di Zowa.
Nella parte finale che forse si sarebbe giovata di qualche taglio emerge From Dawn Till Late, un soave inno alla musica e alle buone vibrazioni.

Paolo Baiotti

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