TASHAKI MIYAKI – Castaway

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TASHAKI MIYAKI
CASTAWAY
Metropolis 2021

Non sono giapponesi, bensì californiani di Los Angeles, in attività dal 2011, questi tre ragazzi che hanno attirato l’attenzione della critica per il suono che mischia influenze del Paisley Underground e dell’alternative rock melodico e un po’ sognante (si parla di “dream pop” in stile Lush, Slowdive o Mazzy Star). Hanno pubblicato parecchi singoli ed Ep, tra i quali un paio di covers di vario genere in stile shoegaze (da Bob Dylan a Waylon Jennings, dai Guns ‘n Roses agli Everly Brothers) seguiti nel 2017 dall’esordio su lunga durata con The Dream (titolo non casuale…) in cui gli arrangiamenti sono più ricchi e curati. Attualmente sono un trio formato da Paige Stark alla voce solista e batteria, Luke Paquin alla chitarra e Sandi Denton al basso.
A quattro anni di distanza da The Dream pubblicano Castaway prodotto dalla Stark in cui spicca sempre la voce languida e a tratti mormorante di Paige, accompagnata da arrangiamenti intriganti. La title track, affiancata da un video diretto dalla stessa cantante, è il manifesto della loro musica sognante ed eterea, non priva di appeal radiofonico, in cui strumenti analogici ed elettronici si fondono morbidamente. Allo stesso modo il nostalgico video di I Feel Fine oltre a dimostrare la passione per il “noir” (e omaggiare i film sui vampiri) è il degno complemento di una traccia più mossa e vicina allo shoegaze con un testo che racconta l’esatto contrario del titolo e quello di Gone interpretato da Sandi ha un’eleganza che rispecchia l’atmosfera della canzone.
Le tematiche dei brani sono incentrate sull’amore e in particolare sulle difficoltà e sfide dei rapporti personali, nei quali prima o poi tutti ci comportiamo negativamente facendo del male a noi stessi e al nostro partner, per quanto ci sforziamo di non fallire, come ha spiegato Paige in un’intervista. Questa atmosfera di riflessione e di dolente nostalgia pervade una musica che affascina negli episodi migliori come nel languido country-rock Comedown in cui si inserisce una chitarra psichedelica e distorta, nella morbida Alone in cui si incrociano gli archi e la slide o nella ballata elettroacustica Baby Don’t, anche se talvolta scivola in melodie un po’ esili e scontate come in Help e U.
Good Times, la traccia più lunga del disco, ne è la degna conclusione, con una magnifica chitarra robusta e distorta che accompagna la voce di Paige integrata dal synth.

Paolo Baiotti

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