FABRIZIO POGGI & ENRICO PESCE – Hope

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Fabrizio Poggi & Enrico Pesce – Hope (Appaloosa/IRD 2021)

Infaticabile e sempre propositivo, ad un anno appena da For You, realizzato durante il primo lockdown, quello più severo e drammatico, Fabrizio Poggi, sempre sponsorizzato dalla Appaloosa torna con un nuovo disco, di cui condivide la paternità col pianista e compositore di musica da film Enrico Pesce.
Anche stavolta sembra trattarsi di un disco fortemente legato al periodo storico attuale e il titolo non lascia dubbi sulla sua ispirazione.
Una decina di brani, dominati quasi totalmente dal suono del pianoforte di Pesce e dalla voce di Poggi, che qui si fa soprattutto interprete vocale, anche se la sua preziosa armonica non manca di fare capolino qua e là.
Brani che pescano nella tradizione, oppure recano firme importanti o ancora, nella metà dei casi sono composti ex novo dai due autori.
Il risultato è un disco molto godibile, intriso di soul, e non potrebbe essere diversamente viste le sfumature della voce di Poggi e il suo modo di sentire la musica, decisamente non comune.
Il piano di Pesce si sposa alla perfezione ed è protagonista alla pari.
E poi, a mettere la ciliegia sulla torta, ciliegia di grande rilievo e bontà, ci sono le voci di Sharon White (da anni corista nel gruppo di Eric Clapton) ed Emilia Zamuner, che infondono ai brani in cui duettano con Fabrizio Poggi un’ulteriore connotazione black.
Alla base delle canzoni, sia quelle nuove che quelle ripescate, c’è il concetto del “ogni vita è importante”, gemello del “black lives matter” che è rimbalzato da un angolo all’altro del mondo dopo i tristi episodi di violenza gratuita accaduti con frequenza negli Stati Uniti negli ultimi dodici/quattordici mesi.
Ovviamente piacciono molto i brani originali, dall’iniziale Every Life Matters che è appunto il brano guida del concetto poc’anzi espresso, la composizione che reca le firme sia di Poggi che di Pesce ed è arricchita dalla voce della White e da un handclapping che sembra riportarci in una chiesa di Harlem, alla conclusiva Song Of Hope, passando per Leave To Sing The Blues, molto New Orleans, e I’m Leavin’ Home: in tutte Poggi è soprattutto cantante e il piano è lo strumento principale, anche se poi un bel passaggio di armonica ci scappa sempre.
Le cover sono tra le più varie, dall’antica Hard Times di Stephen Foster, brano che abbiamo ascoltato in molte versioni (da quella ruvida di Dylan a quella di Emmylou Harris) e che non sfigura nemmeno in questa, a I Shall Not Walk Alone di Ben Harper. Poi ci sono i brani tradizionali: l’ottima Motherless Child (in duetto con la Zamuner e con un bell’intervento alla sei corde di Hubert Dorigatti, bluesman eccellente di cui ci siamo già occupati e di cui è assai atteso il debutto su Appaloosa), House Of The RIsing Sun, Goin’ Down The Road Feelin’ Bad, tutte composizioni che ci suonano incredibilmente familiari eppure al tempo stesso brillano per la spartana originalità dei nuovi abiti cuciti loro addosso da Pesce.
Oltre agli artisti menzionati, nel disco ci sono pochi altri interventi, giusto una spruzzata di basso (Jacopo Cipolla) e percussioni (Marialuisa Berto e Giacomo Pisani), da qualche parte fa capolino anche un hammond non accreditato ma verosimilmente attribuibile a Pesce.

Paolo Crazy Carnevale

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