CHARLEY CROCKETT – Lonesome As A Shadow

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CHARLEY CROCKETT – Lonesome As A Shadow (Thirty Tigers/IRD 2018)

La prima cosa che viene in mente leggendo il nome di questo songwriter texano è ovviamente l’eroico fanfarone che fu persino deputato del Tennessee e che partecipò alla difesa di Fort Alamo: niente di più giusto a giudicare dalla biografia di Charley in cui il musicista si dichiara proprio discendente del mitico Davy.

Questo disco uscito per la Thirty Tigers non è il suo debutto ma è quasi come se lo fosse, nel senso che i suoi sforzi musicali precedenti erano autoproduzioni realizzate per il mercato indipendente: Lonesome As A Shadow è un disco che viaggia su differenti binari e inizia in maniera fuorviante. È chiaro da subito che la voce del nostro è la sua carta vincente, ma i primi due brani faccio fatica a mandarli giù, sembrano troppo Texas songwriting qualunque, nel senso che in Texas e dintorni di cantautori ce ne sono talmente tanti che noi possiamo giusto farci una pallida idea di quanto il panorama sia vasto: I Wanna Cry e The Sky’d Become Teardrops non sono brutti brani ma non aggiungono nulla a miriadi di ascolti a cui ci siamo sottoposti in tanti anni, sono davvero brani qualunque, non proprio entusiasmanti. Ma i dischi, è buona regola, vanno ascoltati dall’inizio alla fine e questo ha il pregio/difetto di durare davvero poco, mezz’ora, ascoltarlo nella sua interezza non ruba troppo tempo e si dimostra molto valido visto che dalla terza composizione in poi diventa una rivelazione.

Crockett più che un semplice cantautore è anche un soul man, un country soul man. Ed ha le idee molto chiare, per registrare si è recato a Memphis, in quelli che furono gli studi di Sam Phillips, accompagnato dai suoi fidi Blue Drifters, nel giro di quattro giorni ha messo nero su bianco una dozzina di canzoni, con poco o nulla di sovrainciso, quasi in presa diretta, costruendo un’architettura sonora davvero impeccabile, sorretta da un uso parsimonioso e mai sbagliato delle tastiere,dei fiati e soprattutto di quella sua voce entusiasmante.

Ain’t Gotta Worry Child, terza traccia del disco è già pienamente convincente, e il disco procede poi nella stessa direzione qualitativa: How Long Will I Last, If Not The Fool e la robusta Help Me Georgia hanno tutte quello che potremmo definire un marchio di fabbrica originale, con le sfumature della voce di Crockett che emozionano. La title track è più virata verso suoni acustici, ma sempre con una punta di blues.
Crockett è stato paragonato a molti autori, tra gli altri il mai abbastanza lodato Bill Withers, e in brani come Sad & Blue e Oh So Shaky i richiami vocali e sonori all’autore di Ain’t No Sunshine traspirano abbondantemente, più leggera Li’l Girl’s Name, all’insegna di atmosfere sixties.
Goin’ Back To Texas, vira verso il texas blues, con fiati, fisarmonica e doverosa chitarra elettrica, quasi in odor di Dave Alvin, prima della chiusura in chiave acustica e intima, affidata a Change Yo’ Mind, eccellente suggello per un disco per molti versi sorprendente.

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