ANGUS CROWNE & THE FAMILY JEWELS – Shag Rug

Angus Crowne Cover

ANGUS CROWNE & THE FAMILY JEWELS – Shag Rug (Angus Crowne Media/Hemifran 2017)

Lo sguardo a metà strada tra il torvo ed il perplesso, il giubbotto di pelle da motociclista: Angus Crowne ci guarda dalla copertina casereccia di questo suo secondo disco, tanto casereccia che la foto non è nemmeno centrata, e non sembra proprio una cosa voluta.

E che sia perplesso non deve essere un caso perché il suo è un disco che lascia perplessi fin dal primo ascolto, in senso positivo visto la quantità di idee e varietà musicali che lui e i suoi due soci ci hanno infilato dentro. Lui canta, suona il basso e l’ukulele, Gavin Ross si occupa delle chitarre e Tino Marrufo della batteria (ma ci sono anche delle tastiere il cui suonatore non è indicato nelle note dell’approssimata copertina).

Little Green Men ha un attacco punk (una delle canzoni più riuscite del disco è addirittura intitolata Punk Rock Aftershok), ma non nel senso classico, e mano a mano che il disco procede la cosa ricorda sempre maggiormente la musica di Jonathan Richman, anche certi suoni sincopati dei primi Talking Heads, ma senza la vocalità di Byrne.

Il fatto che i recensori americani a proposito di questo disco abbiamo parlato di rock surreale sembra quanto mai appropriato. Crowne non è un pivello, ha bazzicato il mondo musicale per anni, in qualità di promoter di concerti, ma è anche uno sceneggiatore e un produttore di spettacoli teatrali, ora alla tenera età di quarant’anni (più o meno) ha deciso di diventare un rocker senza pretese questo è il risultato: concerti nei bar di Los Angeles, musica semplice ma non del tutto scontata. Tra i titoli di spicco del disco c’è sicuramente Middle Age Crawl dal testo vagamente e spiritosamente autobiografico, Hello Godbye e Calm Seas hanno un gusto tipicamente tropicale e non solo per via dell’ukulele; decisamente surreale la spettacolare Opened Book, caratterizzata de vari cambi di tempo.

E che dire della chitarra surf e geometrica dell’allucinata Beyond The See? Certo, Angus Crowne non correrà mai il rischio di diventare una superstar, ma è il primo a dichiarare che non è questo il suo intento e la sua onestà intellettuale va sicuramente premiata concedendo ad un disco come questo di essere ascoltato, se non altro per la sua volontà di non seguire stilemi troppo in voga.

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