SCOTT KROKOFF – Realizations & Declarations vol.2

scott krokoff [174066]

SCOTT KROKOFF – Realizations & Declarations vol.2 (SK/Hemifran 2015)

Chiamarlo EP? Mini CD? A volte qualcuno ci rimane male se il suo disco viene sminuito con una di queste definizioni. D’altra parte è anche vero che negli anni del secolo scorso capitava non di rado di imbattersi in LP che duravano poco più di questo dischetto di sette tracce pubblicato lo scorso anno dal cantautore newyorchese Scott Krokoff (pronunciato Crow Cough, come spiega spiritosamente – per il pubblico anglofono – nelle sue note biografiche).

Probabilmente per questi artisti indipendenti lontani dal mercato discografico dei pochi negozi o megastore rimasti, e lontani anche dai canali telematici come Amazon, la produzione di un disco breve è più semplice e più remunerativa, un disco breve si vende a qualcosa in meno che non un disco lungo e per chi suona molto nei locali e vende soprattutto durante i concerti, avere più prodotti a disposizione sembra una soluzione inevitabile. Per Krokoff questo è il terzo disco, il secondo con questo titolo (il primo risale al 2012), ma dei suoi precedenti non saprei davvero che dirvi, quello che si evince dall’ascolto ripetuto di questo prodotto è che senza dubbio si tratta di un disco che piace subito, di primo acchito, pur non raccontandoci nulla di nuovo. Per chi ama il genere singersongwriter (SSW scriverebbe il grande ed ermetico Blek), all’americana, è pura goduria auricolare, ci sono tutti gli elementi che ci si potrebbe aspettare da un disco che non esita a farsi definire come “americana” appunto. Prodotto con gusto e suonato con dovizia, Realizations & Declarations vol.2 si presenta con un bel campionario di composizioni prodotte dal chitarrista/bassista Bob Stander, uno con un discreto curriculum alle spalle e conta oltre che sui giochi chitarristici del protagonista (quelli acustici) e del produttore (quelli elettrici) anche sulle tastiere di Paul Errico che col suo organo offre un bel tappeto a quasi tutto il disco. Si inizia con un paio di brani che ricordano il rock vincente di Tom Petty, The Right Place e Because Of You, più aggressiva la prima, più riflessiva la seconda, ma con la voce di Krokoff che ce la mette tutta a non essere un clone. Con Soared Little Boy l’atmosfera si fa più raccolta, l’ispirazione stavolta è da pescare piuttosto sulla costa occidentale e fra gli arpeggi del bostoniano trapiantato James Taylor, a rinforzare quello che è uno dei brani migliori del disco c’è poi una minimale sezione d’archi del tutto deliziosa. Walter Mitty, altra buona canzone, dovrebbe essere una trasposizione musicale di un film (del 2013) e un libro (del 1939) incentrati sulla vita grigia di un impiegato che viaggia molto con la fantasia. I Got Nothing è invece una ballatona che a lungo andare suona un po’ noiosa, come il brano seguente, Pissed Of In Paris, con una melodia che ricorda qualcosa di sixties mascherato però da una fisarmonica che riempie un po’ tutto il suono. Decisamente migliore il brano finale, Sparrows, con organo e dobro a fare da sottofondo mentre l’acustica di Krokoff ci ripropone quel fingerpicking alla Taylor che già si era fatto apprezzare in Soared Little Boy, ma stavolta senza sezione d’archi.

In sostanza un disco onesto, forse breve, almeno per gli standard cui siamo abituati noi europei.

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