RYAN DAVIDSON – A Wick Burning High

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Ne ha di voce questi RD. Un Randy Newman incavolato e triste ed aggiungo dark, del nord ovest. Un cd molto interessante e ricco di emotività profonde che mi riportano ai fasti dei Pinder Bros. Strumenti sfruttati a pieno, i soliti del americana, e la voce sua che domina. Ecco la chiave della riuscita di questo piccolo e prezioso cd di rara complessità, che si allontana anche dal consono dello stile di cui trattiamo coi cd della Hemifran. Il paragone con il Newman deriva dalla assomiglianza della voce in certi passaggi. Ma lo stile è unico e singolare, pur trattandosi sempre di un giovin ssw alle prese con i racconti umili di popoli spenti. Tutto si dipana in maniera bilanciata, in modo che nulla predomini sonoramente il resto del misfatto. Poca allegria segnalo, non ci sono urla o impennate imbizzarrite per esaltare la minestra. Sono solo racconti casalinghi, forse, di tempi oscuri e grigi. Singoli singulti di esperienze di genti nascoste dalle luci che miravano ad altre vite. Il nostro RD racconta il loro opposto, e leggendo le presentazioni dei brani si scopre un mondo sconosciuto che però ritroviamo sempre nei dischi di qualità, come mai? Forse il succo dei discorsi e delle foto parlate del nostro giovin ssw, sono proprio quello che cerchiamo. Se è così qui impazziamo per le curiose vie di fuga con cui ribadire il concetto della solitudine e della nebbia ghiacciata, atmosfere di cui solo nelle lande del nord si trovano le soluzioni ancestrali per i nostri incubi desiderati. Ululati e graffi porpora compongono un affresco terribile, angoli di poderosi brividi ruvidi, come un racconto di paura che noi, pur non conoscendone la fine, assaporiamo la finale vendetta. Questo trasmette il cd in questione, nient’altro che bianchi e neri umidi da cui fuggire, cercandoli.

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