MIKE STINSON – Hell And Half Of Georgia

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MIKE STINSON
Hell And Half Of Georgia
(Poplar Cave 2013)

Chitarre baritonali, assoli ruggenti una voce originale che può passare dall’effetto cartavetrata a tonalità più country: Mike Stinson è in questi ultimi tempi uno dei miei preferiti, anche se in realtà conosco solo questo disco ed un brano della sua produzione precedente. L’ho visto però in azione la scorsa primavera, come componente del combo El Trio Grande (di cui è batterista, chitarrista e cantante, alternandosi con gli altri due componenti) e come drummer della Jesse Jay Harris Band. Questo per dire che è uno dei personaggi più in vista del panorama texano made in Austin. Per quanto ne so Hell And Half Of Georgia è il suo prodotto più recente ed è una forza della natura: da quanto ho potuto capiresi tratta di una svolta decisamente più rock rispetto ai suoi esordi e pur trattandosi di una produzione fatta tra amici (è presente anche Jesse Dayton un altro componente del Trio Grande), gli spunti sono notevoli. Findal brano con cui si pare il disco, un rock cantautorale dal piglio incredibile, spedito, fruibile, orecchiabile ma non in senso spregiativo e con un testo ironico fin dal titolo: Late For My Funeral. C’è già tutta l’essenza di questo personaggio tutto da scoprire, un musicista che oltre a capitanare una propria band e a far parte di progetti come quello citato di El Trio Grande. Ha prestato la propria mano d’opera a svariati artisti, da Cristina Aguilera a Lucinda Williams, dimostrando particolare duttilità, ma la sua carta vincente è sicuramente il suo songwriting che in questo CD emerge prepotentemente, se May Have To Do It è puro rock’n’roll, forse non particolarmente originale, Died And Gone To Houston è invece un brano nella scia del country rock più tipico, a metà strada tra California e Texas, con una pedal steel (Ricky Davis) in odor di New RIders o Commander Cody, Walkin Home In The Rain e Box I Take To Work sono invece ballate coinvolgenti, con i suoni delle chitarre che si intersecano dando potenza al suono, in una soluzione sonora che piace sempre di più, elevando il disco al di sopra delle classiche autoproduzioni che spesso mancano di spessore e profondità di suono, in queste due canzoni e in particolare in This Year, brano che si alterna tra crescendo epici e rallentamenti studiati a tavolino, con la pedal steel che urla lasciando spazio però anche all’elettrica e all’acustica con un risultato che entusiasma. Un gradino sotto Broken Record, che mantiene però tutte le buone caratteristiche dei brani fin qui citati. Lost Side Of Town fa riprendere decisamente quota al disco, una grande ballata elettrica (che pur parte con l’accompagnamento della sola acustica su cui si innestano ancora l’elettrica e la pedal steel) di grande respiro, dai tratti dylaniani e con degli ottimi cori. Con Got A Thing For You il tiro si sposta invece verso la musica sudista – Stinson, pur essendo stato di casa a Los Angeles per quasi vent’anni, prima di trasferirsi in Texas, è comunque virginiano di nascita – con un bell’effetto treno dell’elettrica; Put Me On è invece un brano lento, caratterizzato dalla fisarmonica e dall’acustica spagnoleggiante, con un andamento da cowboy song che non starebbe male alla fine di una storia di Lucky Luke in cui il protagonista cavalca solingo verso il tramonto ciondolando in sella al suo Jolly Jumper. Ancora rock granitico per il brano finale, The Kind Of Trouble I Need, con cori femminili in sottofondo e la voce del leader che si fa abrasiva come una grattugia mentre le chitarre ululano come lupi nella notte.

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