GNOLA BLUES BAND – Down The Line

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GNOLA BLUES BAND
Down The Line
(Appaloosa 2015)

Maurizio Glielmo, leader di questa band che prende il nome dal suo “nickname”, prima di dedicarsi ad una carriera solista che dura da oltre vent’anni ha prestato le corde della sua chitarra ad quel luminare del blues tricolore che è Fabio Treves. Dal 1989 questa band ha avuto diverse incarnazioni ed ha realizzato alcuni dischi di studio ed altri dal vivo sempre all’insegna dell’autoproduzione. Quest’anno, dopo quattro anni dedicati a rimettere insieme il gruppo, “Gnola” Glielmo ritorna alla grande con l’appoggio della Appaloosa, storica casa indipendente lombarda che oltre a dedicare attenzione a personaggi di diversa importanza del cantautorato e del rock d’oltreoceano (da Dirk Hamilton a Greg Harris, a Skip Battin) nella sua nuova incarnazione concede ampio spazio ai musicisti di casa nostra.

Innanzitutto vorrei dire che il suffisso Blues Band finisce con lo stare un po’ stretto a questa formazione, almeno per quanto riguarda questo disco che va ben oltre le ristrettezze della definizione: certo, è innegabile il fatto che Glielmo e soci partano da radici decisamente blues, ma qui c’è molto di più, c’è il soul (a piene mani), e c’è tanto rock, per lo più di matrice britannica.

Non credo sia un caso che l’unica cover sia un brano dei Rolling Stones, Ventilator Blues (peraltro riletta ampiamente, un po’ in chiave Come Together), impreziosita dal piano di Chuck Leavell che è l’unico ospite del disco, e non è un caso che in un altro brano, di matrice folk invece, The Ghosts Of King Street, le liriche paghino pegno a una lunga serie di musicisti inglesi dagli Who ai Clash passando per Frankie Miller.

Il disco è ben suonato e ben prodotto, con Gnola/Glielmo che tira fuori belle invenzioni dalla sua chitarra e sfodera una voce interessante, con inflessioni che di volta in volta richiamano alla memoria John Hiatt (in Trouble And Pain e in Fallen Angels ad esempio, quest’ultima arricchita da un bel piano elettrico e da un paio di assoli di chitarra ispiratissimi, in particolare quello finale con un wah-wha d’altri tempi, leggermente in odor di Stills), ma anche Mark Knopfler (nella già citata The Ghosts Of King Street). La bellissima Falling Out of Love richiama invece certe composizioni di Van Morrison per come è costruita ed è una ballata che nulla ha a che vedere col blues.

She Got Me Now non è male ma più la ascolto più mi ricorda qualcos’altro, mentre I’ve Been There Before sembra un omaggio al rock blues di matrice più hard e Dangerous Woman Blues ha un che di hendrixiano, senza essere per questo didascalica. In Room Enough la voce è quella del batterista Cesare Nolli ed il brano è uno shuffle abbastanza canonico che vede di nuovo ospite Leavell al piano.

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