THE COFFIS BROTHERS & THE MOUNTAIN MEN – Wrong Side Of The Road

coffis brothers

THE COFFIS BORTHERS & THE MOUNTAIN MEN
Wrong Side Of The Road
(autoproduzione 2014)

Neil Young e Tom Petty: le biografie telematiche della giovane band di Santa Cruz non esitano ad indicare questi due signori tra le influenze più evidenti della produzione musicale dei fratelli Coffis e dei loro accoliti montanari. Una definizione che ci sta del tutto. Senza strafare però, nel senso che le lezioni dei due grandi rocker si possono intuire in buona parte del disco (e non sempre nei brani migliori), complici delle chitarre con tendenza alla jam che ricordano talvolta Mike Campbell, talvolta il rocker canadese più amato dal pubblico, senza dimenticare una voce (o delle voci) che sono abbastanza nell’onda degli Heartbreakers e del loro leader ma talvolta anche in odor di Steve Earle (nel brano Love Of Mine ad esempio).

Il dischetto che mi sta girando nel lettore lo ho ascoltato parecchie volte in questi giorni e ci ho messo un po’ a capire se fosse buono o meno. O meglio, a capire quanto fosse buono. Perché buono lo è indubbiamente, il mio dubbio era se ne potesse fare a meno considerato il fatto che in tutta sincerità si tratta di una band dal suono derivativo e citazionista. Alla fine sono giunto alla conclusione che è un disco che si può avere in casa e rispolverare di tanto in tanto per farsi sedurre dalle belle sonorità calde emanate da chitarre d’ogni tipo, acustiche, elettriche, pure, distorte, ma sempre sottolineate dai passaggi di tastiere come organo, Fender Rhodes e Wurlitzer che garantiscono sempre una ventata vintage che piace ad oltranza. I Mountain Men dal canto loro accompagnano con precisione le canzoni scritte da Kellen e Jamie Coffis.

Il disco si compone di tredici tracce che spaziano dal rock più mainstream alle ballate passando per quel tipo di songwriting alla Lucinda Williams (l’iniziale I’m Gonna Find You e la conclusiva title track, giusto per dirne due, sono degli esempi più che lampanti, con un sound elettrico in cui le chitarre, ce ne sono molte in questo disco, si rincorrono jammando) che insieme a Neil Young e Petty è il filo conduttore del disco. Rollin’ è invece un rock più canonico e I’ve Do Anything si muove sui territori della ballata elettrica, quasi alla Fogerty (come vedete le influenze sono tutte più che buone e ben mescolate), con una ritmica acustica alla Who’ll Stop The Rain (ma la canzone non è una copiatura). E trai brani migliori si segnalano anche la lenta Before And After – canzone in che ricorda i Jayhawks, sorretta dal piano elettrico e dal Wurlitzer – e The Hardest Thing abbellita da cori che ricordano molto il repertorio del country rock westcoastiano dei primi anni settanta, pur non trattandosi di un brano country rock in senso stretto, discorso che vale anche per il blues Give It To Me.

Qualcuno potrebbe obiettare che è preferibile andare ad ascoltarsi gli originali, ed è il motivo per cui ci ho messo tanto a decidere cosa dirvi di questo disco: alla fine credo che si tratti solo di mood – come sempre –, dell’umore con cui ci si approccia ad un disco, ed è il motivo per cui è sempre bene non fidarsi della prima impressione. E comunque, se vi piacciono gli artisti nominati fin qui, troverete piacevoli anche questi fratelli Coffis ed i loro amici.

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