LUCINDA WILLIAMS – Down Where The Spirit Meet The Bone

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LUCINDA WILLIAMS
Down Where The Spirit Meet The Bone
(Highway 20 Records 2014)

In controtendenza con la moda di pubblicare degli EP – dettata probabilmente dal sempre più imperante dominio del download rispetto al supporto digitale solido – Lucinda Williams ha sfornato, ormai lo scorso anno, un bel doppio di quelli di cui non si butta via nulla. Mica paglia, di artisti in grado di realizzare dischi del genere ce ne sono ormai pochi in circolazione e, lo dico subito a scanso di equivoci, questo è uno dei dischi più belli che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi tempi, per quanto riguarda le novità.

Un disco di canzoni e di chitarristi, sì perché quello di cui sto raccontandovi è un disco che offre una ventina di solide composizione suonate con le chitarre sempre in bella evidenza. Le canzoni sono quasi tutte a firma della titolare, salvo quella iniziale in cui Lucinda divide la paternità della canzone, Compassion, con l’accademico genitore e quella conclusiva, una cover della Magnolia di J.J. Cale. Le chitarre, molte, sono innanzitutto quelle di Greg Leisz che è anche il produttore del disco: con elettriche, pedal steel e acustiche, Leisz conferisce a questo doppio una serie di sonorità eccellenti che entrano rapidamente sottopelle e non ne vogliono più uscire. Ma poi ci sono quelle degli ospiti, tutti molto attenti a non strafare e a non rubare la scena alla Williams, ma tutti comunque riconoscibilissimi, da Bill Frisell a Jonathan Wilson, fino al veterano Tony Joe White.

Non so se sia giusto affermare che questo è il più bel disco di Lucinda, non ne conosco moltissimi, ma tra quelli che ho avuto modo di ascoltare non ho dubbi sulla sua superiorità qualitativa. Il disco inizia con l’acustica Compassion, da un cui verso è ripreso il titolo del CD, l’accompagnamento è scarno ma la voce è fantastica, ricca di tutto quanto si potrebbe chiedere ad una voce: sfumature, intonazione e soprattutto tanta anima!

A seguire arriva Protection, e arriva anche l’accompagnamento elettrico che nel terzo brano, Burning Bridges, beneficia della presenza di Jonathan Wilson con la sua sei corde protagonista di un break fantastico che si sviluppa sulla granitica ritmica fornita da Pete Thomas (degli Attractions) e Davey Faragher (Crackers), presenti in gran parte del disco. East Side Of Town è più leggera, ma molto piacevole e a duettare splendidamente con Leisz c’è la chitarra di Stuart Mathis mentre seduto magistralmente al piano wurlitzer abbiamo Ian McLagan, in una delle sue ultime session (l’ex Faces è mancato tre mesi dopo l’uscita del disco). West Memphis è il primo brano in cui compare Tony Joe White che inserisce qua e là il suo classico tocco, cosa che farà in maniera ancor più evidente nel brano che apre il secondo disco, l’ossessiva e imponente Something Wicked This Way Comes, un blues torrido. Tornando al primo CD si distinguono particolarmente ancora Foolishness, con McLagan al piano, la ballata Stand Right By Each Other e It’s Gonna Rain con Bill Frisell a duettare con Leisz e Jakob Dylan a duettare nel finale con la Williams in un abbinamento vocale molto azzeccato. Nel secondo disco ci sono di nuovo alcuni interventi del tastierista britannico (Walk On e Temporary Nature) ma va riconosciuto che anche l’altro tastierista presente in studio, Patrick Warren, fa la sua parte, sia all’organo che al piano. Si passa da slow blues a ballate rock a tutto tondo a brani dal refrain ossessivo, passando per virate al country (come nel caso di This Old Heartache, in cui Leisz si sbizzarrisce con la pedal steel) e addirittura per valzeroni come Stowaway In Your Heart e Cold Day In Hell (sul primo dischetto, con tanto di cori gospel ad opera di Doug Pettibone e Gia CIambotti). Il finale è apocalittico, la Williams si impossessa di Magnolia e la fa sua, strascicata, immensa, lunga (siamo intorno ai dieci minuti), mentre Leisz e Frisell fanno viaggiare le chitarre consolidando una partnership già sperimentata con successo nei dischi di Frisell.

Sono oltre cento minuti di musica, roba che potrebbe stufare. Eppure è più forte di me, quando il disco finisce, lo faccio ripartire.

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