MARBIN – The Third Set

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MARBIN
The Third Set
(Moonjune Records 2014)

Terzo disco e terzo tripudio su etichetta Moonjune per il gruppo chicagoano facente capo a Dani Rabin – chitarrista israeliano – e Danny Markovitch – sassofonista – che unendo le proprie forze hanno dato vita ad una miscela sonora realmente interessante, oltre che esplosiva. In realtà la formazione, prima di accasarsi con la label di Leonardo Pavcovich, aveva realizzato un primo disco altrove, ma i tre dischi Moonjune sembrano voler costituire – per ora – una sorta di trittico, intuibile fin dal titolo di questo nuovo disco.
Il nuovo disco però, a differenza dei suoi predecessori, è un disco dal vivo, e i brani che contiene, per buona parte inediti, sono quelli che il gruppo ha suonato come “bis” (il terzo set del titolo va in realtà inteso in questo senso) nel corso di alcuni dei numerosi (quasi trecento all’anno) concerti tenuti nel tour del 2013. Una scelta originale, nonché curiosa, visto che gli unici brani già reperibili su disco sono Redline e Volta (tratti dal disco precedente) e Crystal Balls, dal disco d’esordio. La registrazione sul campo, di cui è responsabile il tecnico Caleb Willitz, rende molto bene il sound del quartetto (che si completa col basso di Jae Gentile e con la batteria di Justyn Lawrence) e testimonia l’atmosfera live trascinante con buona risposta da parte del pubblico degli States centrali – i concerti sono tutti tenuti in piccoli locali di Wisconsin, Iowa, Nebraska, Missouri e Kansas.
Naturalmente tutto si regge sul dualismo tra gli strumenti suonati dai due leader, che nella dimensione live acquistano uno spessore rock più consistente rispetto alle atmosfere di stampo fusion dei dischi di studio: la chitarra è aggressiva, potente, distorta quando deve esserlo, effettata in altri frangenti; il sax assume sempre più connotazioni di carattere klezmer o quanto meno yiddish, facendo della mescola musicale del gruppo qualcosa di estremamente originale oltre che, le due cose non vanno sempre di pari passo, fruibile.
Talvolta si captano certe urgenze frenetiche riconducibili ai King Crimson di brani come 21st Century Schizoid Man – si veda l’iniziale Special Olympics – talaltra è la sperimentazione a dettare legge (Volta, il brano finale), ma nel disco c’è respiro per tutto e Vanthrax, Splaw, Rabak, The Depot sono tutte nuove composizioni che fanno ben sperare per il futuro di questa formazione.

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