BEACHWOOD SPARKS – Desert Skies

Beachwood Sparks A

 

BEACHWOOD SPARKS – Desert Skies (Alive Records/Christmas Records 2013)

Ogni volta che qualcuno ha cercato di parlare di questa formazione è saltato fuori il nome dei Byrds, quelli originali e quelli con Gram Parsons. Sì, forse è vero, la matrice è innegabilmente quella, ma francamente non me la sento di liquidarli come una band clone dei gloriosi Byrds, no, questi Beachwood Sparks (il nome deriva dagli indirizzi di alcuni componenti del gruppo) meritano qualcosa di più, per lo sforzo artistico, per quello compositivo e soprattutto per la ricerca sonora che va a riscoprire suoni antichi ed al tempo stesso intrisi di una modernità micidiale.

Certo c’è la dodici corde jingle jangle, ma il loro sound va decisamente oltre, se proprio di Byrds bisogna parlare a livello d’ispirazione, citerei quelli di Notorious Byrd Borthers, ma solo per la soluzione sonora psichedelica. Per il resto questo Desert Skies è un disco dannatamente piacevole, bello, vero.

Quando l’ho ascoltato la prima volta non avevo ancora capito che si trattava di materiale “antico”, nel senso di precedente ai due dischi pubblicati dal quartetto – qui sestetto – , così avevo gioito per il ritorno di questa formazione che mi aveva entusiasmato all’inizio del millennio, poi ho scoperto che si trattava di materiale datato, sono rimasto un po’ deluso ma presto ho ri-gioito per la freschezza dei suoni, anche se parte dei brani era comunque apparsa in altra veste sul debutto del gruppo.

Otto le tracce contenute nel vinile (side A etichetta rossa, side B etichetta verde), note di copertina scarne, quattro brani per lato, tutto nel segno di un folk-rock spaziale, di quello che si poteva fare solo in California. La band di Brent Rademaker, Chris Gunst e Dave Scher sfodera una serie di suoni chitarristici che richiamano alla mente di tutto, ma a modo loro preludono anche al ritorno del suono californiano realizzato in tempi più recenti da Jonathan Wilson: ci sono le Rickenbaker (nella title track in particolare), ma ci sono anche richiami più garagistici e accenni a certe cose dei Beach Boys (Time e Watery Moonlight), c’è il rock puro (This Is What It Feels Like), e non mancano lunghe divagazioni space-folk-country che ricordano qua e là i suoni sperimentati nei tardi anni sessanta da Red Rhodes e Clarence White (Sweet Julie Ann e in particolare la riuscitissima Canyon Ride).

L’edizione in CD contiene quattro brani in più, tre sono versioni alternate che hanno comunque più d’un perché, la quarta s’intitola Charm.

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