Questo non è un Paese per vecchi…

Ma siamo proprio sicuri che il ritorno del vinile sia soltanto una faccenda per vecchi nostalgici con il cuore ed il portafoglio da spennare? Oltre ad un numero sempre maggiore di nuove uscite, siamo inondati da una vera e propria messe di ristampe di tutti i generi, rigorosamente in vinile. Stanno nascendo, quasi come funghi,  etichette specializzate solo in questo settore. Dobbiamo pensare che tutto ciò sia stato messo in piedi solo per consentire a noi, quaranta-cinquanta-sessantenni con tanti soldi da buttare, di sostituire la vecchia copia di un disco ormai consunta con un’ edizione nuova e fiammante? Mi permetto di citare testualmente dal n. 134/135 di Blow Up, un magazine che tutto si può definire fuorchè un’accolita di nostalgici sentimentali, un estratto dalla rubrica “Offside” curata dal direttore Stefano I. Bianchi:

“Ne abbiamo scritto più volte ma vale la pena di ripetere: dopo il trend del disco in vinile con annesso CD (Steve Albini ecc.), a cui ha fatto seguito quello del vinile con annesso codice per il download degli mp3 (molti altri negli ultimi anni) sta crescendo sempre più un ‘nuovo underground’ composto da band ed etichette che stampano solo in vinile e non gli accludono nulla. E’ roba sgusciante ed elusiva, laterale e sommersa, distante dai riflettori della massa e minoritaria per scelta ma spesso molto buona perchè non più riservata alle uscite laterali ma a quelle ‘maggiori’, cioè proprio ai nuovi album. Un modus operandi che in certi ambienti (soprattutto garage-r’n'r) è sempre esistito ma che diventa un caso quando si allarga all’indie ‘generalista’ e persino alla musica sperimentale, che per sua natura è molto più adatta al CD. Questo pone evidenti problemi sia alle riviste che agli ascoltatori (le distribuzioni che latitano, la difficoltà di restare aggiornati, il costo delle spese di spedizione, la dogana che incombe come un falco) ma è eccitante, molto eccitante, così eccitante da ricordarmi quando iniziammo a fare Blow Up e parlavamo di dischi  che a molti apparivano ‘inesistenti’ solo perchè non avevano una distribuzione in Italia (’non lo trovo nel negozio sotto casa = non esiste’). Amici bene informati mi dicono che lo spazio di Amoeba, il miglior negozio di San Francisco e uno dei migliori degli USA, è ormai occupato per almeno la metà dal vinile (spesso quello ‘esclusivo’ appena citato) e brulica di ragazzini che acquistano solo quello. Non saprei dire se la cosa si svilupperà ancora e dove porterà. Forse sarà null’altro che un fuoco di paglia. Ma per adesso esiste, e questo, nel bene e nel male, è ciò che posso rilevare“.

 E allora? Saremo destinati anche in questo caso ad importare dopo qualche mese o anno un trend nato all’estero?  La discussione è aperta…e i nostri ragazzini comincino pure a rivendere i propri i-pod, prima che le loro quotazioni crollino irreversibilmente…

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