SIMONE GALASSI – Simone Galassi

Simone-Galassi_Cover-album

SIMONE GALASSI
SIMONE GALASSI
Autoprodotto 2025

Se avete voglia di fare un tuffo nel passato, tra gli anni Sessanta e Settanta in cui il rock-blues forgiato dalle chitarre di Jimi Hendrix, Rory Gallagher o Jimmy Page sveva un ruolo primario nel mondo del rock, potete rivolgervi con fiducia all’esordio del chitarrista e cantante modenese Simone Galassi, un disco registrato e prodotto in collaborazione con Carlo Poddighe, che ha dato un contributo essenziale suonando batteria, basso, pianoforte, organo Hammond, piano Wurtlizer e Clavinet. Simone è un uomo e un musicista di altri tempi che sembra catapultato per caso nell’attuale secolo; non a caso l’album è stato registrato con strumentazione analogica e vintage, così come la copertina si ricollega all’epoca psichedelica.
Si tratta di un esordio studiato a lungo, in coda ad un percorso iniziato negli anni Novanta che lo ha portato nel corso di un trentennio a suonare in Italia e all’estero, soprattutto in Germania, Gran Bretagna e Olanda, con una particolare attenzione alle esibizioni con la band Irish Fire in onore di Rory Gallagher, il grande chitarrista del quale ha studiato con passione musica e testi, fino alla richiesta di partecipare ai festival di Ballyshannon e Striegistal nati per celebrare il musicista irlandese. Simone ha vari progetti e suona anche nella band della cantautrice Ellen River, oltre a concentrarsi sulla promozione del progetto solista.
Venendo al contenuto del disco, pubblicato in vinile colorato, cd e cassetta, si tratta di dieci tracce autografe che vedono al centro la chitarra e la voce ruvida di Galassi, tra rock, blues e funky con un tocco di psichedelia, mentre i testi parlano della vita di ogni giorno, con riferimenti personali. Dall’intenso e potente rock-blues di These Chains con un suono debitore di Stevie Ray Vaughan al mid-tempo aspro e incisivo di I Have To Tell You, dall’incalzante zeppeliniana I’ll Never dove la voce ricorda anche il canadese Frank Marino al funky di 95 l’album si sviluppa senza momenti di stanca, seppur con qualche calo di creatività (In Your Eyes) compensato dal calore delle esecuzioni. La sulfurea ballata hendrixiana Since You’re Gone è una delle tracce più convincenti, con l’Hammond e il Wurtlizer che affiancano una chitarra sofferente, insieme all’altra ballata Shooting Stars e alla pesante e distorta Hazy Nights, la traccia più lunga e “moderna” del disco, con evidenti richiami al grunge mischiato con Hendrix.
Questo è un album che sembra paracadutato dal periodo d’oro del rock-blues, con un suono e una grafica adeguati.

Paolo Baiotti

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