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PHIL MAY: In ricordo della voce della più grande band che non avete mai sentito nominare.

di Paolo Baiotti

24 maggio 2020

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La morte di Phil May, cantante e armonicista inglese di Dartford nel Kent, fondatore e voce dei Pretty Things, ha rispecchiato la carriera ondivaga e sfortunata della band britannica. Caduto durante un giro in bicicletta, è stato operato all’anca a King’s Lynn nel Norfolk, ma complicazioni successive all’operazione ne hanno causato il decesso il 15 maggio.

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Phil aveva fondato i Pretty Things nel ’63 a Londra con il chitarrista Dick Taylor, che aveva fatto parte della prima line-up dei Rolling Stones. L’omonimo esordio del ’65 su Fontana Records era salito al n. 6 in Gran Bretagna rivelandosi come l’album di maggiore successo di una carriera iniziata in modo promettente, ma proseguita in modo caotico, con svariati cambi di formazione, errori della casa discografica e del management e brusche virate nel suono. Inseriti a pieno titolo nella scena del British Blues, erano rissosi, provocatori, difficili da gestire…rispetto a loro i Rolling Stones sembravano usciti da una scuola privata! E anche il suono era una miscela primitiva di garage rock, blues e rhythm and blues grezzo e primitivo, ispirato principalmente da Bo Diddley e Jimmy Reed. In questo contesto Phil rappresentava in pieno l’anima turbolente e trasgressiva del quintetto. Irriverente sul palco, dichiarava apertamente la passione per le droghe, la sua bisessualità e si vantava di avere i capelli più lunghi di tutta la Gran Bretagna, affermazioni che all’epoca terrorizzavano i benpensanti. Abituato da quando era adolescente ad essere osteggiato perché considerato fuori dal gregge se ne fregava altamente, ma come frontman era sicuramente uno dei migliori.

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Dopo due album incerti e accolti con scetticismo, i Pretty Things raggiungono la loro vetta qualitativa nel dicembre ’68 con S.F. Sorrow che si può considerare la prima opera rock, un concept basato sulle vicende di Sebastian F. Sorrow, registrato negli studi di Abbey Road nel corso di varie sessioni con la produzione di Norman Smith. Se pensiamo che nei medesimi studi lavoravano contemporaneamente i Beatles al White Album e i Pink Floyd a Saucerful Of Secrets, abbiamo un’idea del fervore creativo del ’68 londinese! Permeato di psichedelia, arricchito da strumenti inusuali come percussioni tibetane, un dulcimer casalingo e il mellotron, limitato da un budget insufficiente e dallo scetticismo della Emi, trascurato negli Stati Uniti dove fu pubblicato da una sussidiaria della Motown e praticamente mai presentato dal vivo, S.F. Sorrow si rivela un insuccesso, schiacciato dalla quasi contemporanea pubblicazione di Tommy degli Who e del White Album.

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Questo risultato peserà come un macigno sulla storia della band, anche perché il disco avrebbe meritato ben altro riscontro; Dick Taylor se ne va dopo pochi mesi, seguito dal batterista Twink che forma i Pink Fairies. May scrive tutto il materiale del successivo Parachutes con l’aiuto del bassista Wally Waller; il disco, un altro concept psichedelico con tendenze prog come il precedente, si mantiene su un livello di scrittura notevole, ma commercialmente è un altro fiasco.
La parte migliore della storia finisce qui. La band si scioglie per riformarsi dopo pochi mesi, firma per la Warner e poi per la Swan Song incidendo con qualche cambio di organico un paio di album di rock duro che ottengono qualche riscontro negli Stati Uniti (Silk Torpedo e Savage Eye), ma dopo alcuni litigi c’è un nuovo distacco.

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Il seguito è a intermittenza, anche se Taylor e May tornano insieme. Nel ’98 registrano con ospiti David Gilmour e Arthur Brown una versione live di S.F. Sorrow pubblicata in audio e video e girano in tour gli Stati Uniti dopo una lunga assenza. Nel 2013 celebrano con un tour i 50 anni di attività, due anni dopo pubblicano il dodicesimo e ultimo album in studio, The Sweet Pretty Things. Nel frattempo la salute di Phil May si è deteriorata seriamente a causa di una malattia polmonare; un problema parzialmente risolto cambiando stile di vita, ma che influirà sulla scelta di interrompere definitivamente l’attività della band nel 2018, dopo un tour d’addio culminato nel concerto londinese del 13 dicembre alla Indigo Arena con ospiti ex componenti storici del gruppo e i colleghi Van Morrison e David Gilmour, pubblicato in un lussuoso box intitolato The Final Bow.
Ignorati dal grande pubblico, ma apprezzati dalla critica e da colleghi tra i quali David Bowie, Jimi Hendrix, Jimmy Page, Pete Townshend e i fratelli Davies dei Kinks, nonché da artisti più giovani come Blur e Kasabian, i Pretty Things hanno avuto alla guida per tutta la loro travagliata storia Phil May, degno frontman di un gruppo che verrà ricordato per il fulminante esordio e per due album importanti come S.F. Sorrow e Parachute.