PARALLELS – Exodus

parallels

PARALLELS
EXODUS
Autoprodotto 2024

“In un classico formato concept album, Exodus racconta la storia di una giovane coppia che affronta la guerra: ‘Se non ti sottometti, ti offrono la spada’. Decidono che lui lascerà il paese per primo, dato che lei aspetta il loro primogenito da un giorno all’altro. È un viaggio pericoloso, tra fuoco incrociato, cecchini e potenziali tradimenti. Lui deve attraversare il mare. Ma lo farà? E lei? Si riuniranno?”.
Così viene presentato nelle note di copertina Exodus, l’ambizioso debutto del trio svedese dei Parallels formato da Ulrik Arfurén (voce solista e basso), Torbiorn Carlsson (tastiere) e Anders Boriesson (chitarra e voce), che si possono considerare una formazione di neo-prog con venature metal. Il tema principale riguarda il flagello della guerra, che purtroppo i tempi recenti hanno mostrato sempre presente nella mente di troppe nazioni e di troppe persone. Ognuno può applicarlo all’area di conflitto che ritiene più vicina, anche se questo progetto è dedicata alla lotta ucraina, come si evince dal dialogo iniziale in quella lingua.
Dal punto di vista musicale i Parallels dimostrano di avere una notevole competenza strumentale e anche la scrittura e gli arrangiamenti, quasi interamente nelle mani di Carlsson, sono di buon livello pur avendo inevitabili riferimenti sia al prog degli anni Settanta (Camel, Genesis, Pink Floyd) che a quello degli anni ottanta (IQ, Twelfth Night). Prevalgono le parti melodiche con le tastiere e i synth in primo piano, oltre alla voce consistente e solida di Arfuren che in un paio di tracce è affiancato dalla cantante Maria Kirilov.
L’apertura di The Beginning è drammatica ed emozionante, con un testo commovente che accompagna una musica che a tratti ricorda i Camel e i Pink Floyd con una chitarra espressiva nell’assolo centrale seguita da una parte cantata più sforzata e sofferta dove le tastiere il comando. Segue The Escape che ha una prima parte che dà la sensazione di fuga con il synth e una chitarra heavy, una sezione più quieta cantata, un break strumentale con le tastiere avvolgenti e un finale accelerato che confluisce nella bluesata You’ve Got To Run, duetto vocale tra Arfuren e la Kirilov accompagnati dal piano, da una chitarra gilmouriana e dagli archi. Il crescendo di One More Road è seguito dalla potente e trascinante Fields Of Despair in cui una chitarra ruvida duetta con le tastiere in un contrasto che caratterizza il brano, esemplare per i continui cambi di ritmo e atmosfera, confluendo nella sofferta How Can This Even Be?, l’altro duetto con la Kirilov.
La seconda parte è aperta e chiusa da Not Alone Part 1-2: la prima è la traccia più lunga del disco in cui piano e tastiere avvolgono l’ascoltatore e che, dopo il cantato, accelera con il synth e la chitarra in dialogo serrato rallentando nuovamente con il ritorno della voce solista. Il prog-metal di Forgotten, la sofferta Darkness e la cadenzata Sea Of Death sottolineano i momenti più difficili della fuga, mentre in Say Hello (Solid Ground) viene tentata una via d’uscita oltre la linea del fronte alla ricerca della tanto agognata liberazione che sembra possibile nella chiusura di Not Alone part 2, portatrice di un messaggio di speranza sottolineato dalla solennità della musica.
Exodus è un disco che merita un ascolto accurato, specialmente da parte degli appassionati di prog classico.

Paolo Baiotti

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