HARRY HMURA – Goin’ Home

Harry Hmura

HARRY HMURA – Goin’ Home (Appaloosa/IRD 2023)

Curioso a volte il destino di un musicista: probabilmente se poco più di dieci anni fa Harry Hmura non avesse avuto la ventura di passare dall’anonimato alla fama procuratagli dall’aver realizzato la colonna sonora del videogame “Halo”, sarebbe rimasto un tranquillo signor nessuno.

Di onesti, bravi, dotati musicisti – non serve che sia io a dirvelo – ce ne sono a bizzeffe e, soprattutto in un genere come il blues, la fama è riservata a pochi, la gloria ad ancor meno. È anche vero che c’è sempre spazio per qualche giovane talento che sbuca dal nulla, e non possiamo non pensare al pirotecnico Christone Kingfish, passato lo scorso anno anche per il nostro belpaese, sferzando di svisate il Pordenone Blues Festival.

Con ogni probabilità i creatori di “Halo” erano in cerca della musica giusta per il loro prodotto e da buoni risparmiatori (per aggiudicarsi la fetta intera dei proventi senza dover pagare troppe royalties usando magari il brano di un chitarrista blues di grido) devono averne cercato uno bravo ma non celebre.

Il risultato è che grazie al videogame, Hmura è entrato in casa di ottanta milioni di persone in tutto il mondo. A questo punto qualcuno si deve essere chiesto chi fosse l’autore e interprete della musica e Hmura è diventato un autentico caso del blues, andando a rivangare e trovando i due dischi pre “Halo” del chitarrista.

Da allora ne sono arrivati un altro paio, oltre alle immancabili prove per gli “Halo” successivi.

Dotato oltre che della giusta tecnica con la sei corde, anche di una voce adeguata, Hmura torna oggi con questo onesto disco realizzato coi nostrani Damiano Della Torre all’organo Hammond e Pablo Leoni alla batteria.

Il risultato è un solido excursus nelle sonorità blues chicagoane, molto vicino alle produzioni della Alligator, ad oggi probabilmente la “casa” del blues più titolata del pianeta.

Certo, il blues è un genere difficile da reinventare, sono pochi quelli che riescono a elevarsi, e citiamo di nuovo Kingfish tra i giovanissimi, e taluni vecchi marpioni come Curtis Salgado, Charlie Musselwhite, o i meno anziani Keb Mo’ e Tommy Castro.
Tutto ciò che esce dal CD di Harry Hmura (realizzato tra Chicago e Trezzo sull’Adda e mixato a Bologna da Damiano Della Torre) è blues, in tutte le sue forme, ci sono belle galoppate, ci sono le dodici battute, gli assoli lancinanti e c’è spazio anche per escursioni semi acustiche a ritmo di boogie lento (Give Me Anything) o all’insegna di un ottimo suono slide (Let’s Get High). Fondamentale è comunque l’apporto del tappeto di tastiere intessuto dal nostrano organista che permette a Hmura di costruirci sopra i suoi assoli: pensiamo alla title track, alla jazzata Cool Cool World, a I Ain’t Going Away. La sezione ritmica si sorregge sul basso suonato dal titolare e sulla batteria di Leoni e in un brano come Put The Blame On c’è anche il modo di deviare dal blues ad un apprezzabile rock. In definitiva un buon disco, forse non il futuro del blues, ma pur sempre verace.

Paolo Crazy Carnevale

Tags:

Non è più possibile commentare.