FABRIZIO POGGI – For You

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Fabrizio Poggi – For You (Appaloosa/IRD 2020)

Un inizio insospettabilmente notturno, guidato in punta di contrabbasso da Tito Mangialajo Rantzer, per questo nuovo disco di Fabrizio Poggi, uno dei più attivi e interessanti musicisti italiani dediti alle radici del suono americana. Poggi, che tra carriera solista e Chicken Mambo ha oltre una ventina di produzioni alle spalle, per non dire delle collaborazioni con sparring partner d’eccezione al di là e al di qua dell’oceano Atlantico, ha dato alle stampe questo nuovo disco la scorsa primavera. Un disco breve ma intenso, ricco di sonorità che mescolano il blues ed il gospel con al musica notturna e vibrante delle metropoli, composto prevalentemente da brani tradizionali rimaneggiati e arrangiati sapientemente da Poggi e dal suo producer Stefano Spina (impegnato anche alla chitarra elettrica, alle tastiere, al basso elettrico e alla batteria).

L’armonica è ovviamente protagonista a trecentosessanta gradi, come del resto la voce soul e densa di sfumature di Fabrizio, ma la particolarità sta proprio nell’uso di strumenti più inusuali come il contrabbasso e i fiati che ci riportano in fumosi club metropolitani, distanti anni luce dai juke joint campagnoli a cui il titolare aveva dedicato non molti anni fa un altro riuscito disco.

For You, che ruba il titolo ad una canzone di Eric Bibb qui inclusa, parte con le riletture di Keep On Walkin’, If These Wings e Chariot (che altro non è che la nota Swing Low Sweet Chariot), riletture che profumano, o forse meglio dire odorano, di Harlem e della Grande Mela delle ore tarde.

Fiati, armonica e il suddetto contrabbasso sono la colonna portante di tutte e tre le composizioni, per contro invece la successiva Dont’ Get Worried (altresì nota come Keep Your Lamp Trimmed and Burning), è elettrica vibrante, accattivante. Le fa seguito il gospel di I’m Goin’ There, altro brano particolarmente riuscito, notturno ma in modo diverso.

A questo punto tocca alla cover di Eric Bibb, aperta da un accenno di vibrato dell’armonica che sembra Neil Young, poi parte la voce e l’unico strumento a supportare Poggi in questa versione è il piano di Stefano Intelisano (vecchio amico dai tempi dei Chicken Mambo) e nella seconda parte una sezione d’archi sintetizzata. Il brano sfocia nella successiva My Name Is Earth, la prima delle tre composizioni che portano la firma del titolare, il brano è molto arrangiato, con un bell’intervento all’organo di Pee Wee Durante ed un robusto coro in cui si inserisce la voce dell’ospite Arsene Duevi, originario del Togo; notevole la coda strumentale che termina, in linea col brano che è un omaggio a Madre Terra, con una serie di voci di bambini che restano in sottofondo anche sulla partenza di un altro traditional dalle movenze più smaccatamente blues di matrice elettrica, Just Love, in cui brilla la chitarra elettrica di Enrico Polverari.

Con Sweet Jesus, Poggi ci omaggia di una canzone originale più allegra, sorretta da armonica e chitarra pizzicata e archi, il tutto prima del finale di It’s Too Late, struggente e corale composizione scritta con Arsene Duevi, che vi suona anche l’acustica e canta nella sua lingua.

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