DAVID CROSBY – Croz

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DAVID CROSBY – Croz (Blue Castle Records/Alliance 2014)

Un disco solista di David Crosby nel 2014? E per di più intitolato col solo soprannome del titolare? Ci ho pensato su a lungo, questo dovrebbe essere il suoi quinto disco in solitudine, rimanendo nello stretto ambito della discografia canonica, considerando i CPR un gruppo – così come lo sono i Rides di Stills – ed escludendo le raccolte e qualche pubblicazione non del tutto autorizzata come il disco dal vivo per il programma radio King Biscuit Flower Hour.

Va subito detto, è un signor disco, fatto bene, suonato ancor meglio, ispirato. Ma va anche subito detto, a beneficio di chi fosse rimasto al primo, storico ed inarrivabile esordio del 1971, il Crosby dei giorni nostri è un’altra cosa. Non meglio, non peggio, semplicemente un’altra cosa.

L’altra faccia di una stessa medaglia se vogliamo, infatti il titolo sembra essere comunque una risposta al titolo del disco del ’71, If I Could Only Remember My Name – se solo potessi ricordare il mio nome – era il problema di David Crosby all’epoca, in mezzo c’era stato il secondo disco, dopo tempo immemorabile, che si intitolava Oh Yes I Can – certo che posso –, molto prima che la frase divenisse il motto di Barak Obama. E Crosby il suo nome se lo ricorda ancor oggi, anzi ricorda precisamente il proprio nomignolo, “Croz” appunto, titolo di questa nuova fatica che campeggia sulla copertina in cui il vecchio baffone è immortalato in un bello scatto opera del figlio Django.

Undici tracce, registrate perlopiù in vari studi californiani, assistito dall’altro figlio James Raymond – spesso alla firma da solo o con Croz e sempre dietro alle tastiere e altri strumenti – e da un manipolo di fedelissimi come Shane Fontayne, Marcus Eaton, Kevin McCormick e Stevie D, a cui vanno aggiunti per la cronaca anche Mark Knopfler nel brano di apertura, Wynton Marsalis e Steve Tavaglione.

La prima differenza che emerge col Crosby “smemorato” degli anni settanta è la conferma che il nostro ha quasi del tutto accantonato la composizione solitaria, ormai i brani sono in tandem e il sospetto è che Croz finisca con l’occuparsi più delle parole che delle note. Ma non è una novità, quasi tutte le sue canzoni dagli anni ottanta in poi sono così. Può piacere e può dispiacere – nel senso che le vecchie canzoni del Crosby erano indiscutibilmente uniche. Ma anche queste nuove, dicevo in apertura, sono in alcuni casi notevoli, tutto sta riuscire a mettere da parte quel primo maledetto disco che aveva il difetto di essere troppo bello. Perché il Crosby di adesso è uno che pensa ancora molto, uno che non ha mai dimenticato di essere stato uno degli indiscussi pontefici del movimento freak (per dirla con Bertoncelli), uno che non può permettersi di dire cose banali.

Le canzoni: Radio era già apparsa sul DVD concerto di CSN usc
ito nel 2012, si dimostra un buon brano e rimane presto nelle orecchie, meno invece Time I Have eseguita spesso nel tour estivo del trio che ha toccato anche la nostra penisola. What’s Broken, con Knopfler, apre il disco ed è un’altra buona composizione con la solista dell’ex Dire Straits a duettare con la pedal steel di James Raymond. Per il sottoscritto la palma di miglior canzone va a The Clearing, ma anche l’acustica If She Called – firmata da Croz in solitudine – affascina non poco, e che dire di Slice Of Time o di Set The Baggage Down, firmata con Fontayne, che inizia con un attacco di chitarra che per un attimo sembra riportarci ai vecchi tempi?

I brani meno convincenti sono quelli con Marsalis alla tromba e Tavaglione al sax, sarà per la mia idiosincrasia per le atmosfere jazzate, sarà che questi strumenti mi sembrano fuori luogo nel contesto crosbyano, così come l’eccessivo uso di campionamenti in Dangerous Night.

Ma per il resto, datemi retta, questo è un disco che scalda il cuore e la voce del protagonista (non ve l’avevo ancora detto, ma è cosa risaputa) non ha perso un briciolo di smalto rispetto alle origini e se nella conclusiva Find A Heart il sax di Tavaglione finisce per irritarmi, le armonie vocali costruite da Croz – l’architetto dell’armonia, come lo ha definito Dylan – sono ancora e sempre da peli dritti!

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