PETER GALLWAY & THE REAL BAND – It’s Deliberate

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PETER GALLWAY & THE REAL BAND
IT’S DELIBERATE
Gallway Bay Music 2022

Scorrendo la discografia di Peter Gallway, newyorkese cresciuto nel Greenwich Village, da tempo residente in Maine dopo avere vissuto in California, si resta abbagliati dalla quantità di materiale pubblicato. Cantautore e poeta, ha esordito come solista nei primi anni settanta per la Reprise con Ohio Knox seguito dall’album omonimo; poi ha lavorato con parecchie label indipendenti incidendo in ogni decade, fino a quando nel 2008 ha fondato la Gallway Bay Music che ha pubblicato sei album prima di It’s Deliberate. Ci sono poi sei dischi come Hat Check Girl, in duo con la cantante Annie Gallup, un paio di album di fine anni sessanta con la Fifth Avenue Band e le produzioni tra le quali spiccano quelle per la Gallup e soprattutto quelle di Time And Love (un tributo a Laura Nyro del 1997) e della raccolta Bleecker Street: Greenwich Village In The 60’s (Astor Place 1999). Nel suo percorso spalmato su sette decadi è passato dal rock and roll dei sixties, al jazz/folk fino all’Americana e all’indie. E’ difficile classificare la sua musica che anche in questo album oscilla tra folk, jazz e pop con richiami nella voce a Ron Sexsmith, Brian Ferry, Lyle Lovett e David Byrne. La Real Band è formata da Andrea Re alle percussioni e voce, Mark Wainer, coproduttore e chitarra solista e Joseph Wainer alla batteria, con alcuni tastieristi ospiti. Il tono distaccato della title track che si muove tra rock e jazz apre il disco che prosegue con l’accattivante funky-pop Two Bits, ma ha i momenti più interessanti nella parte centrale con Good Trouble in cui si nota il testo politico dedicato all’attivista John Lewis, la malinconica ballata Madly In Love, Like Mercury con la batteria in controtempo e un arrangiamento morbido e misterioso e Not This Time dedicata a David Bowie citato anche nel testo, con l’importante contributo della voce di Andrea Re.
Alcune canzoni mantengono toni dissonanti favoriti dalla voce un po’ stranita di Peter, fino alla chiusura jazzata e intimista di Forget Me Not Blue.

Paolo Baiotti

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