MICHAEL McDERMOTT – What In The World…

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Michael McDermott – What In The World… (Appaloosa/Pauper Sky/IRD 2020)

Sembra inarrestabile il flusso d’ispirazione di Michael McDermott, non passa anno che il musicista di Chicago non lasci la sua zampata nel mondo delle sette note, che si tratti di lavori a proprio nome o come leader dei Westies, che poi sarebbe la stessa cosa, visto che a conti fatti i musicisti coinvolti sono in pratica gli stessi e anche la produzione sonora non si discosta.

Va da sé che a lungo andare, per quanto si tratti sempre di dischi di buon livello, la cosa si fa un attimo monotona: il copione è abbastanza fedele, canzoni di stampo rock robusto e ballate a cavallo tra folk e rock, sempre corredate da testi molto pregni di storie cupe e introspezioni sul proprio percorso umano e musicale, talvolta attraversate da momenti di buio pessimismo, tal altra più serene o quantomeno illuminate da bagliori di speranza.

McDermott è soprattutto un grande raccontatore di storie, storie di gente comune, di gente disperata se non addirittura perduta: va da sé che i temi forti sono sempre il proprio vissuto, la caduta nelle dipendenze, il baratro toccato fino a grattare il fondo del barile, la riabilitazione, il ritorno alla vita, alla musica ovviamente, l’incontro con la moglie Heather Lynn Horton, musa e collaboratrice musicale in qualità di violinista, sia con i Westies che nei dischi solisti.

E va da sé anche che se cercate la novità, questo disco non fa per voi, a meno che siate digiuni delle ultime opere di Michael: perché What The World ripercorre le orme dei suoi predecessori, passo dopo passo, siano essi il più riuscito Willow Springs, il secondo album dei Westies, Out from Under o il recente Orphans, disco di outtakes dei precedenti lavori.

In particolare nei testi (ma in maniera più oscura) e nelle musiche dei brani più intimisti, McDermott sembra più orientato verso certe cose dello Springsteen anni ottanta e novanta: le storie di personaggi come quelle dei protagonisti New York, Texas, di Veils Of Veronica o come la barista dagli occhi blu ricordano da vicino quelle dei personaggi delle canzoni di Bruce, solo attualizzate dalla presenza di temi come il disturbo da stress post traumatico dei reduci di guerra (nel senso che il termine è diventato tristemente di moda negli ultimi anni).

In certi momenti, soprattutto nei pezzi meno elettrici fanno capolino anche riferimenti al folk irlandese, ma personalmente trovo più avvincente il McDermott elettrico della title track, o di Mother Emmanuel e The Thing You Want: il suono corposo è opera di Lex Price, bassista e coproduttore, dalle chitarre di Will Kimbrough e dalle tastiere di John Deaderick, mentre alla batteria si alternano Steven Gillis e Fred Elthringham.

What in The World…, che intitola il disco è particolarmente felice nella sua sostanza rockettara che non fatichiamo a ricollegare al miglior Tom Petty (ma curiosamente come bonus track vi è incluso il demo acustico che invece suona più come certe cose del coguaro dell’Indiana): è un ottimo brano che rende merito ad un testo molto politicizzato, come se McDermott volesse dare la sveglia al suo paese nell’anno delle elezioni! Molto elettrica, anche se molto più lenta è la stoffa di Veils Of Veronica, altro punto di forza del disco. E ancora fa spicco Mother Emanuel, rock urbano dal tessuto sonoro a cavallo tra Asbury Park e il nervosismo di certo Lou Reed, e anche qui il testo sembra di particolare attualità, all’indomani dei recenti fatti di sangue che durante il nostro lockdown hanno funestato gli Stati Uniti, non fosse che il brano è stato registrato prima.
Come nel disco precedente, anche qui McDermott chiude all’insegna della speranza con un paio di canzoni più introspettive, più personali: l’invito a non abbandonarsi di No Matter What e l’omaggio alla moglie di Until I Found You. Il disco termina – prima della bonus track – con Positively Central Park, ballata alla Springsteen in cui si fa riferimento alle problematiche dei nativi.

Come sempre sono sempre molto gradite le trascrizioni e traduzioni dei testi a cui l’Appaloosa ci ha abituati da tempo!

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