MICHAEL McDERMOTT – Out From Under

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Michael McDermott – Out From Under (Appaloosa/Pauper Sky 2018)

A tamburo battente. Michael McDermott non cede di un centimetro, di cose da dire deve averne tante e uscito dalle sue varie dipendenze, rinato artisticamente pare avere l’urgenza di pubblicare senza troppi indugi tutto quello che sta uscendo dalla sua penna e dalla sua chitarra. Mentre sto scrivendo queste righe sul disco uscito lo scorso anno ne è già nei negozi uno nuovo. Tutti pubblicati dalla sua etichetta personale, Pauper Sky, titolo di un’ottima canzone incisa con i Westies (il progetto parallelo alla carriera solista) nonché nome dello studio chicagoano di casa sua, e in esclusiva per l’Europa per l’Appaloosa.

Questo Out From Under conferma il buono stato di salute di McDermott, undici tracce con storie di America profonda, quella delle lunghe strade perse nel nulla con stazioni di servizio che ricordano quelle viste in decine di film, dal bogartiano La foresta pietrificata in poi, ma anche le periferie più degradate e povere. McDermott, accompagnato dai soliti fedeli amici (dalla violinista Heather Lynne Horton al tastierista John Deaderick e al polistrumentista Will Kimbrough), fin dalla prima traccia lascia subito segni graffianti: Cal-Sag Road si apre con atmosfere desertiche, quasi fosse la colonna sonora di un film commentato musicalmente da Ry Cooder, con un testo che è un film a sua volta, un po’ pulp, un po’ hard boiled, coinvolgente; tanto quanto la successiva e acustica Gotta Go To Work, altro drammatico ritratto di quell’America lontana dai lustrini e dai sorrisi patinati, una storia da classe operaia incazzata. La stessa America cantata, sempre senza mezzi termini in Knocked Down un talking rock dalle inflessioni dylaniane con implicazioni sicuramente autobiografiche che raccontano il fondo toccato nei momenti più bui.

Sad Songs racconta della voglia di scrivere storie più allegre, una voglia che rimane però tale, come dice il titolo stesso di questo brano che musicalmente è molto debitore alla scuola di Johnny Lyons, in arte Southside Johnny. Il pessimismo regna anche in This World Will Break Your Heart, ma nella title track ecco la svolta, la volontà di farcela è il tema conduttore di questa song dall’andamento quasi western in cui il protagonista (l’autore) si rivolge così alla propria amata: “Svegliami da questo torpore crudele e insensato, per vivere una vita di amore, luce e stupore, oh so che un giorno riemergeremo”.

Celtic Sea, sembra la prosecuzione del brano precedente, con i due amanti che davvero ce la fanno, sulle note di una chitarra acustica che poi esplode in un arrangiamento più corposo, con le tastiere ben calibrate ed un sound che continua ad aggirarsi dalle parti di Asbury Park. Più qualunque il testo della scanzonata (anche musicalmente) Rubber Band Ring, mentre Never Goin’ Down Again sembra voler ribadire il concetto che i tempi duri sono terminati, con un refrain che suona proprio come un inno. Sideways, è un altro lungo racconto che pare rifarsi all’autobiografia di McDermott, poi, in conclusione troviamo l’elegiaca invocazione di God Help Us, lenta, rarefatta, essenziale: una preghiera.

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