TWO TONS OF STEEL – Gone

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TWO TONS OF STEEL – Gone (Big Bellied/Two Tons Of Steel 2017)

Non si può dire che siano molto noti dalle nostre parti, ma i Two Tons Of Steel sono un’autentica Gloria locale della musica texana, in particolare dell’area tra San Antonio e Austin (ma si esibiscono con frequenza e gran seguito in tutto lo stato della Stella Solitaria, e sono arrivati anche in Europa). Sulla breccia da oltre vent’anni, capitanati dall’inossidabile Kevin Geil, un cantante dotato, buon compositore, i Two Tons Of Steel sono da qualche anno il prodigioso chitarrista mancino Will Owen Gage, il batterista Rich Alcorta e il contrabbassista Jake Marchese. La loro miscela musicale attinge a piene mani nel rockabilly, nell’honky tonk, nello swing e naturalmente nella visione tutta texana del country, soprattutto musica per divertirsi, per ballare, ma suonata davvero bene: perché la dimensione ideale per ascoltare questa band è quella live, magari in una sala da ballo dalle luci soffuse, con cowboy e cowgirl che ballano allacciati una slow ballad oppure si lanciano vorticosamente in un giro di swing, roteando sugli stivali col tacco, incuranti dell’età, giovani, meno giovani, anziani, anche bambini.

Ma anche su disco i Two Tons Of Steel rendono molto bene, la voce di Geil è adatta a tutte le occasioni, la chitarra di Gage fa il suo bel lavoro e la sezione ritmica funziona metronomicamente, per di più il chitarrista e il batterista forniscono anche delle ottime armonie vocali, che arricchiscono un lavoro dietro la cui consolle è seduto nientemeno che Lloyd Maines, mica uno qualunque.

L’inizio è subito un tuffo negli anni cinquanta, Shoulda Known Better pare composta da Geil con la mente rivolta ad un grande texano, Buddy Holly, uno dei padri assoluti del rock’n’roll, spesso presente anche nelle set list dei concerti dei Two Tons Of Steel. All Tied Up viaggia più o meno sulla stessa lunghezza d’onda, mentre Jumpin’ Tonight (composta dal gruppo con il vecchio Augie Meyers) riporta allo swing più indiavolato, ma forse anche un po’ più risaputo. Poi arriva una sequenza di ballate spaccacuore, in cui Kevin sembra essere specialista, ed emerge particolarmente qui la presenza nel gruppo del veterano della pedal steel Denny Mathis, già alla corte di titolati personaggi quali Bob Willis e di Willie Nelson e ora membro aggiunto dei Two Tons Of Steel. Gone, il brano che dà titolo al disco è notevole, con rimandi dylaniani, vede il produttore ospite al mandolino, perfettamente inserito tra la chitarra di Will Owen Gage e la pedal steel; meglio ancora Does Heaven Know, languida al punto giusto, e il capolavoro Surrender, che grazie ai suoi oltre quattro minuti si fa apprezzare a lungo e pienamente, assolutamente la perla del disco.

Count On Me (I’ll Let You Down) è più veloce, Can’t Get You Off My Mind conferma lo status compositivo eccellente del gruppo, con la sezione ritmica in grande forma, impegnata a sostenere un riff indiavolato su cui Kevin canta disperatamente mentre Gage si lancia in assoli venati di fuzz, non siamo lontani dai Los Lobos dei vecchi tempi, e l’impressione è confermata anche nella successiva Sweet White Van, tra le composizioni migliori del disco autentica vetrina per le evoluzioni della chitarra solista, e nella conclusiva Runaway Baby, un po’ meno tirata, ma costruita in maniera ipnotica, coinvolgente.

I Two Tons Of Steel sono molto più di una local band texana, provate ad ascoltarli e ve ne renderete conto immediatamente.

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