NEIL YOUNG + PROMISE OF THE REAL – Paradox

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NEIL YOUNG + PROMISE OF THE REAL – Paradox (Reprise 2018)

Pur non trattandosi di un disco a sé stante, questo Paradox è il quarto registrato da Neil Young con l’aiuto della band di Lukas Nelson: una colonna sonora realizzata per accompagnare l’omonimo film scritto e diretto da Daryl Hanna, l’ex Sirena a Manhattan di cinematografica memoria ed ora compagna del rocker canadese.

Film e disco inattesi, soprattutto alla luce del fatto che nei mesi immediatamente precedenti Young ha messo sul mercato ben due dischi d’archivio (uno meglio dell’altro, Hitchhiker e Roxy-Tonight’s The Night Live) ed uno nuovo di studio con gli stessi Promise Of The Real (non così ottimo ma migliore dei due lavori con questo gruppo che lo avevano preceduto).

Questa colonna sonora rischia comunque di essere il miglior disco nuovo di Young dai tempi dell’eccelso Psychedelic Pill, nel senso che lo si riesce ad ascoltare quasi interamente senza essere sopraffatti dal desiderio di toglierlo dal lettore (cosa che in particolare non riusciva col doppio dal vivo Earth o col brano spagnoleggiante del più recente The Visitor). Rispetto ai precedenti dischi Lukas Nelson ha anche diverse possibilità di esprimersi come cantante oltre che come chitarrista e a cavallo tra brani totalmente acustici e cavalcate elettriche la serie di composizioni fila via abbastanza bene.

Il film, che non ha riscosso particolari entusiasmi, è una specie di western crepuscolare e visionario, come visionari erano i film diretti e scritti da Young in persona, la sua dolce metà evidentemente è sulla stessa lunghezza d’onda. È avvantaggiata però dalle tecnologie d’oggidì, e quindi la pellicola, per quanto sconclusionata, ha una definizione altissima, e la qualità delle riprese è davvero incredibile.

Il disco dal canto suo mette insieme alcune composizioni strumentali, qualche brano d’epoca eseguito in maniera scarna, e alcune canzoni fatte e finite – Diggin’ In The Dirt pare essere l’unica nuova – ripescate dal repertorio recente e meno recente di Young e risuonate per l’occasione.

E a questo punto è doverosa una parentesi riguardo al fatto che il canadese ultimamente pare essere stato eccessivamente indulgente nel mettere in commercio brani incisi alla bene e meglio, che avrebbero beneficiato di un po’ di attesa e di un’esecuzione più adeguata, o addirittura di un mix più adeguato, proprio come nel caso dell’iniziale (dopo un’introduzione parlata di Willie Nelson) Show Me, che appariva già su Peace Trail, ma che qui suona decisamente meglio, anche se la versione sembra la stessa. Le fa seguito un brano strumentale intitolato Hey, costruito citando il tema di Love And Only Love, In realtà nel disco, tra un brano e l’altro ci sono degli intermezzi acustici suonati da Young ma nel CD non sono indicati (i titoli sono Paradox Passage I, II, II e via dicendo, fino al sesto). Diggin’ In The Dirt il brano nuovo, è cantato due volte nel disco, con Young e Nelson che si alternano. Nulla di memorabile ci pare, ma inserito nel contesto ci può stare. La nuova versione di Peace Trail è il capolavoro del disco, non solo, è anche la cosa migliore incisa da Young in studio con questa formazione, per altro spettacolare in concerto. Dimenticate la versione in trio acustico presente sul disco omonimo, qui c’è davvero del gran buono, a conferma che forse sarebbe stato meglio aspettare a pubblicare quell’altra.

Pocahontas, un classico senza tempo, è qui eseguita con il famoso organo a canne. Un brano che in qualunque versione non può far altro che piacere. Poi arriva Cowgirl Jam, una lunga scorribanda messa insieme prendendo le varie jam di Young e del gruppo su un altro classicone, Cowgirl In The Sand, filmato durante il tour europeo del 2016: il brano fa da commento ad una scena in cui Young e Nelson padre rapinano una banca.

Poi c’è un brano di Willie, cantato da Lukas, Angel Flying Too Close To The Ground, in versione fuoco di bivacco, così come Baby What You Want Me To Do di Jimmy Reed (già affrontata da Young con i Crazy Horse su Broken Arrow), il blues How Long? e la Happy Together dei Turtles.

Nel mezzo si infilano la seconda versione di Diggin’ In The Dirt e un paio di altre invenzioni strumentali, tra cui l’interessante e ossessiva Running To The Silver Eagle. Poi per il finale Young ripesca e rilegge un altro suo brano recente, tratto da Storytone (il disco con l’orchestra). Rispetto alla pesantissima versione orchestrale, qui la canzone è quasi unicamente rivestita di voce e ukulele, in maniera splendida: manco a dirlo anche in questo caso non c’è paragone con quella già ascoltata.

Una cosa è certa, a giudicare dal film, Young e soci devono essersi divertiti parecchio ad andare in giro per boschi e montagne acconciati e vestiti come mountain men e pistoleri straccioni!

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