KEEGAN McINROE – A Good Old Fashioned Protest

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KEEGAN McINROE – A Good Old Fashioned Protest (Keeganmcinroe/ Hemifran 2017)

Un balzo ne passato la partenza di questo disco! Alla faccia dei suoni facili, dei rapper di nuova generazione questo Keegan McInroe se ne parte con un blues parlato intitolato Talking Talking Head Blues, come se fosse Woody Guthrie o il Dylan degli esordi: l’ultimo che avevo ascoltato alle prese con questa forma musicale era stato Dan Bern ai tempi dei suoi esordi, vale a dire parecchio tempo fa.

McInroe, texano, cerca però di sfuggire alle etichette, il suo suono non è quello tipico dei suoi conterranei, pensiamo solo a Townes Van Zandt, che il talking blues lo ha fatto proprio dandogli un’impronta diversa, meno da folksinger e più da songwriter. McInroe torna alla forma primordiale del genere, ma non vi si fossilizza. Il resto del disco viaggia in più direzioni, sempre caratterizzate da testi arguti e non scontati. Peccato che il disco non includa i testi che bisogna andare a recuperare nel sito del cantautore.

Se il brano iniziale, ripeto in puro stile tradizionale, è una riflessione sui colpi di testa di Donald Trump e sulla sua politica, nel brano successivo, Big Old River, si affida ad una struttura strumentale più articolata, con un bel suono d’organo e ancor di più lo fa in Bombing For Peace, altro testo ironico in cui dice saggiamente che lanciare bombe per pacificare è come inserire il gelato in una dieta o fare la vasectomia ad uno che deve diventare papà…

Christmas 1914 è una lenta ballata, introspettiva, ispirata alla prima guerra mondiale; il blues parlato torna poi nella brevissima Bastards & Bitches, titolo eloquente per un’altra canzone in cui McInroe non risparmia nulla ai potenti. Molto bella nella sua semplicità strutturale The Ballad Of Timmy Johnson’s Living Borther, mentre Nietzsche Wore Boots ammazza letteralmente l’ascolto, si tratta di un brano parlato, o meglio recitato, che spezza il disco. Personalmente credo che un disco sia fatto per essere ascoltato, sia nella sua parte lirica, ma soprattutto in quella musicale, in particolare per l’ascoltatore non anglofono.

The Love That We Give, brano per chitarra acustica ed elettrica twang, con un altro bel testo intelligente, in cui la matrice texana si fa sentire più che in altre parti del disco, una coda d’organo arricchisce nel finale il tessuto musicale del brano. La chiusura è affidata a Keegan’s Beautiful Dream un’altra piacevole ballata folkie, nello spirito dylaniano degli esordi.

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