BURRITO BROTHERS – Still Going Strong
BURRITO BROTHERS – Still Going Strong (Junction Records 2018)
Appartengo a quella fetta di fan dei FBB che ritiene conclusa definitivamente la storia del gruppo con l’uscita del live giapponese del 1978. Certo ci sarebbero stati due tentativi irrisolti di dargli un seguito poco tempo dopo, con formazione quasi analoga (che vedeva Gene Parsons al posto di Ed Ponder, quindi un cambiamento in meglio).
Da allora in poi trovo che tutto quanto è uscito con sigle simili sia stato un inutile e spesso indecente tentativo di sfruttare un nome che aveva finito di dire qualcosa molto tempo prima. La formazione con Sneaky Pete, Skip Battin e Greg Harris, per quanto ottima, è stata solo una line-up per un biennio di concerti, più una cover band che altro, quelle capitanate da Beland e Guilbeau (con o senza Sneaky) non c’entravano proprio nulla con i gloriosi FBB ma sembravano più che altro giuustificate dall’incapacità dei due soggetti coinvolti di avere una carriera propria senza dover ricorrere a glorie altrui!
Poi ci sono stati i Burrito Deluxe, poco più interessanti, e comunque meschini al punto di andare in tour col povero Sneaky malato di Alzheimer e incapace di suonare una sola nota. Ma averlo sul palco a far finta di suonare faceva vendere più biglietti…. Disdicevole….
Poi sono arrivati i Burritos e basta, forse la proposta più interessante dal 1980 in poi. Nessun musicista collegato con la formazione storica, unico legame il fatto che Walter Egan aveva firmato qualcosa con Gram Parsons nella notte dei tempi. Ma il disco era onesto e ben fatto.
Walter Egan si è perso per strada, ma ogni tanto suona ancora quando capita con quelli che ora hanno rispolverato oltre al nome anche la fratellanza, risparmiandosi, con un briciolo di onestà l’aggettivo volante. In realtà c’è solo il tastierista Chris James rispetto al disco precedente, tutti gli altri sono nuovi.
Il disco sarebbe anche bello, ma cosa c’entra con la gloriosa sigla del passato? Un buon country-rock quello propugnato da James e soci, soprattutto è eccellente il gioco di suoni intrecciati prodotto dalla pedal steel di Tony Paoletta (un illustre signor nessuno con qualche session per lo più oscura alle spalle, dotato di grande gusto) e dall’elettrica di Bob Hatter.
Beats The Devil è una delle canzoni in cui questo dualismo emerge meglio, un gran lavoro (la canzone è firmata da James con Walter Egan), ma come suoni siamo più in casa New Riders che dalle parti dei Burritos, e suona bene anche Bound For Glory, qui James compone con Ron Guilbeau, come in Blood Red Wine: ma non basta avere ogni tanto sul palco e in sede di composizione uno della famiglia Guilbeau (tra l’altro neppure un Burrito originale) per arrogarsi il diritto di usare quel nome, così come non basta proporre in apertura del disco una fantomatica canzone firmata da Chris James e Gram Parsons, intitolata Between Your Hands And Mine, ma nella copertina e tantomeno nel sito del gruppo ci si guarda ben dallo spiegarne la genesi e il perché… Il brano non ha nulla del sound Parsons/Burritos!
All Blue è una buona composizione, c’è addirittura una Burrito’s Lament #9, con la pedal steel che piange, non oso pensare alle altre otto canzoni omonime!
Country-rock, sì, questo ci sta, ma siamo davvero più dalle parti di Pure Prairie League (per altro eccellenti in diverse occasioni), oppure dei citati New Riders ultimo periodo, delle avventure country-rock di Mike Nesmith: dei FBB manca la genialità, la grande intuizione di Parsons di sposare il country alla soul music (sviluppata magistralmente con la presenza in formazione di Chris Ethridge), e manca la voce da brivido di Chris Hillman, manca il suo tocco bluegrass: pur trovandoci di fronte ad un disco buono, questo non lo nego di certo, per me i Burritos migliori sono quelli del terzo disco e del live Last Of The Red Hot Burritos, quello in cui meglio si mescolano country, soul, bluegrass e rock’n’roll.
Almeno il vecchio logo non è stato scomodato, ne è stato creato uno nuovo….
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