THE DEEP DARK WOODS – Yarrow

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THE DEEP DARK WOODS – Yarrow (Six Shooter Records/Thirty Tigers/IRD 2017)

Nuovo disco per i canadesi Deep Dark Woods, a quattro anni dall’acclamato e irripetibile Jubilee che era stato pubblicato dalla Sugar Hill e prodotto con maestria da Jonathan Wilson.

Il nuovo disco, pur apprezzabile e godibile è senza dubbio un passo indietro rispetto a quel doppio LP, che era il quinto della discografia della formazione.

Un passo indietro un po’ per la produzione decisamente più povera e casalinga (sono il bassista Shuyler Janssen e il cantante chitarrista Ryan Boldt ad occuparsi della regia). Le registrazioni, ci indicano le poverissime indicazioni di copertina, sono state fatte in Canada, a Saskatoon (luogo natale di Joni Mitchell) e ci consegnano un collaudato folk rock molto intimista e, se vogliamo, molto canadese, pur non somigliando a nessuno direttamente, i Deep Dark Woods condensano nel loro suono decenni di musica canadese: c’è certa solennità tipica di The Band, ci sono sommesse atmosfere younghiane e c’è anche l’approccio strumentale che ricorda i Cowboy Junkees. Il sound ovviamente non dispiace, manca solo un po’ di ardimento in più nella produzione e qualche brano più coinvolgente che non difettava di certo a Jubilee.

Rispetto a quel disco, se ne è andato Chris Mason e il gruppo si è consolidato attorno a Boldt che è il leader a tutto tondo. I brani sono stati partoriti durante la convalescenza di Boldt dalla scarlattina e le sonorità sono tutte costruite su un largo uso di ogni tipo di chitarra, da parte del leader ma anche da parte di Clayton Linthicum che ci aggiunge pure una serie di tastiere ed effetti attorno a cui si cementa il risultato finale. Alla batteria siede Mike Silverman, Barrett Ross ci mette congas, vibrafono e flauto, e last but not least, c’è la voce di Kacy Lee Anderson che si lega perfettamente a quella dolente di Boldt (la Anderson e Lynthicum sono anche titolari di un duo a proprio nome, attivo nel medesimo Saskatchewan in cui si trova Saskatoon).

Buono, ma non eccelso, il brano d’inizio, Fallen Leaves, e buoni anche Up On The Mountaintop e Deep Flooding Waters, ma il disco decolla definitivamente con Roll Julia e con la lunga The Birds Will Stop Their Singing, un’elaborata composizione che parte in sordina e cresce corposamente e dipanandosi per quasi nove minuti tra break di chitarra che citano sia il country rock americano che il folk rock britannico, con le voci di Boldt e della Anderson ben amalgamate.

San Juan Hill è un’altra bella composizione che grazie all’uso di tastiere che replicano il suono della fisarmonica richiama particolarmente le composizioni di the Band, Drifting On A Summer Night ha ancorale voci in evidenza e dei gran bei suoni delle varie chitarre usate da Boldt e Lynthicum.

Teardrops Fell inizia con una chitarra in odor di Richard Thompson e sfocia in un arrangiamento tipico di the Band – c’è una certa, vaga somiglianza con Tears Of Rage –, le voci sono ben inserite e il brano si sviluppa per quasi cinque minuti ed è sicuramente tra le cose più riuscite del disco.

La conclusiva The Winter Has Passed è più intima, raccolta, quasi uno spiritual nordico.

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