DUSAN JEVTOVIC – Live At Home

dusan jevtovic live at home[679]

DUSAN JEVTOVIC – Live At Home (SKC Kragujevac/Moonjune 2017)

Dusan Jevtovic, chitarrista serbo dallo stile particolarmente interessante e vario, è uno tra i rappresentanti storici del sound di casa Moonjune (in questo caso però solo distributrice del disco) per la quale ha già realizzato diverse produzioni.

Per quanto la sua casa sia da tempo la Catalogna – il chitarrista si è insediato in quel di Barcellona – questo live in edizione limitata e assolutamente godibile è stato catturato in quella Serbia che è la casa anagrafica di Jevtovic, per la precisione al Decije Pozariste di Kragujevac poco prima del natale 2016. Il chitarrista è accompagnato per l’occasione da una band di suoi connazionali (tra cui spicca il tastierista Vasil Hadzimanov che nel disco appare anche in qualità di autore).

Il disco, dalla bellissima copertina, si apre in scioltezza con due brani inediti al momento della registrazione:, No Answer , una composizione di gran classe e il meno impressionante il medley tra Angel e Al Aire – Soko Bira: entrambe le tracce sarebbero apparse sul disco di Jevtovic pubblicato la primavera scorsa: per quanto riguarda No Answer si tratta di un brano molto riuscito, a cavallo tra prog e psichedelia, con un ispirato assolo di chitarra ed un finale a base di pianoforte ad appannaggio di Hadzimanov , presente anche nella versione di studio.

Molto riuscita la terza traccia, Ohrid, una composizione del pianista che vi suona una gran parte lasciando comunque un grande spazio anche alla chitarra ispiratissima del titolare: il brano ha uno sviluppo incredibile che lo conduce a svilupparsi in una galoppata col piano elettrico protagonista su una base retta dal basso di Pera Krastajic e dalla batteria di Pedja Milutinovic.

New Pop è un’altra lunga composizione del titolare, molto in odor di fusion, col basso molto rotondo atmosfere latin jazz meno interessanti, mentre Babe una delle composizioni più brevi del live ha un sapore a cavallo tra canzone popolare – con un coro non meglio identificato, forse anche campionato – e sperimentazione chitarristica; Briga è invece di nuovo firmata dal pianista ed inizia anche con una voce campionata su cui il piano tesse una serie di passaggi orientaleggianti che come nel brano precedente sembra voler mediare la matrice musicale contemporanea con la cultura ottomana che per anni ha imperversato sui Balcani in generale e quindi anche in Serbia, poi la musica si dipana, il jazz fa capolino, gli strumenti si rincorrono, fino a condurre la composizione ad un finale avanguardistico.

La chiusura è affidata a Gracias y perdon, poco più di due minuti che fungono da sigla finale del concerto.

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