DAVID CROSBY – Sky Trails

Croz Sky Trails 1[663]

DAVID CROSBY – Sky Trails (BMG 2017 2 LP)

Un nuovo disco di David Crosby ad un anno di distanza dall’ottimo Lighthouse non se lo aspettava nessuno. Ed invece il vecchio tricheco, con una nuova etichetta – il disco precedente era uscito su Verve – torna a colpire, ma purtroppo non a graffiare.

Se il disco precedente aveva davvero convinto molto quanto a bontà del materiale e a sonorità, con questo Sky Trails si torna ad un easy listening raffinatissimo ma anche fastidioso nella sua raffinatezza. In qualche brano ci sono ancora Michael League e Becca Stevens che avevano contribuito a fare di Lighthouse un disco eccellente, ma per il resto sono tornati gli accompagnatori abituali come il batterista Steve Distanislao, il chitarrista Jeff Pevar e – purtroppo – James Raymond e Steve Tavaglione, che funestano con tastiere troppo pesanti e sax il sound generale di questo doppio vinile. Ci sono anche ospiti come Dean Parks e Greg Leisz, purtroppo decisamente sottoutilizzati.

Il brano d’apertura, She’s Got To be Somewhere non è male, ma troppo in odor di Steely Dan, gruppo che per altro Croz ha sempre dichiarato di amare molto, per quanto distante musicalmente dal Crosby che si è guadagnato i nostri favori in tempi assai lontani. La sensazione generale, ascoltando il disco, è quella già espressa in precedenza circa la mancanza di idee proprie e il conseguente affidarsi troppo a musiche composte dai suoi soci. Musiche che non sempre si rivelano all’altezza. Qui il brano poi è tutto scritto da Raymond, con i risultati che ci si possono attendere. Decisamente meglio il brano successivo, una perla degna del miglior Crosby, composta in tandem con la Stevens, sicuramente più vicina a quell’ottica musicale di cui sopra. Il brano, che è quello che titola il disco, è una splendida composizione premiata dallo scarno accompagnamento quasi acustico che splende di luce propria nonostante la presenza di Tavaglione e Raymond. Il lato A si chiude con Sell Me a Diamond, inferiore alla title track ma graziato dagli ispirati contributi di Pevar alla solista e di Leisz alla pedal steel.

Il lato B è aperto da Before Tomorrow Falls On Love composta in coppia con Michael McDonald, è una ballata pianistica molto raffinata in cui spicca particolarmente la voce inintaccata del titolare. Segue Here It’s Almost Sunset scritta col bassista Mai Agan e aperta di nuovo dall’inutile sax di Tavaglione; molto meglio Capitol, canzone politica scelta anche come singolo di lancio del disco: un po’ sovrarrangiata, ma ben strutturata: è una canzone di spessore che ci restituisce il Crosby barricadero che spara a zero sul governo (“And the votes are just pieces of paper, and they sneer at the people who voted”), il tutto con le chitarre di Dean Parks (elettrica), Steve Postell (acustica) e Greg Leisz (pedal steel). A chiudere facciata e primo disco c’è la cover di Amelia, grande brano di Joni Mitchell: la versione è all’altezza, niente sax, solo Croz con Leisz e Raymond, per una rilettura fedele all’originale.

Con Somebody Home inizia invece il secondo disco, si tratta di un brano a firma del solo Crosby, atmosfere ancor più rarefatte, chitarra acustica, bell’organo (Cory Hensry) e non male neppure il piano elettrico (Justin Stanton), peccato anche qui per l’uso dei fiati (qui ci sono altri musicisti al posto del vituperando Tavaglione) che ammazzano un po’ tutto il disco. Il brano sembra comunque l’ultimo momento di interesse del disco, che va spegnendosi perdendo interesse con la successiva Curved Air (musica firmata da James raymond), una scontatissima sambetta decisamente inutile in un disco di questo artista capace – e lo ha dimostrato a più riprese – di ben altre risoluzioni a livello sonoro. Peccato. Non è meglio Home Free vittima a sua volta di quell’eccessiva raffinatezza che sembra voler supplire ad una generale mancanza d’idee.

La quarta facciata del disco riprende She’s got To Be Somewhere e Here It’s Almost Sunset e viaggia però a 45 giri. Una scelta, quella dei brani, che non sembra propriamente avveduta.

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