BAYOU SIDE – Unbound

Bayou Side 1[533]

BAYOU SIDE – Unbound (Three Saints Records 2017)

Capita di rado di mettere sul piatto un disco realizzato in Italia da cui escano suoni che sembrano provenire direttamente da Oltreoceano: non me ne vogliano i partigiani di tutta quella schiera di bravi, meno bravi o bravissimi italici artisti che vanno a registrare i loro dischi fuori porta oppure chiamano a produrre e suonarci fior di nomi americani, ma sono convinto che valga molto di più lo spirito che l’uso di ingredienti tipici per fare un disco di musica americana come si deve.

Ecco, questo debutto dei Bayou Side secondo me ci è riuscito appieno, ammesso e non concesso che fosse nelle loro intenzioni fare un disco così americano. I Bayou Side sono il trio del chitarrista altoatesino Hubert Dorigatti, ottimo chitarrista e pregevole cantante che lo scorso inverno si è ritrovato a difendere i colori nazionali all’International Blues Challenge di Memphis, a cui è arrivato dopo accurate selezioni tenutesi in occasione del Delta Blues Festival di Rovigo.
La ricetta dei Bayou Side è chiara, un blues dalle connotazioni molto rurali, con una sezione ritmica in punta di piedi (Klaus Telfser al contrabbasso e Peter Paul Hofmann alla batteria) che fa il suo lavoro diligentemente in modo da supportare i voli mai pesanti della sei corde di Dorigatti, sia che si tratti di acustica, che di elettrica o resofonica, tutte suonate con identica bravura.

I brani sono tutti originali se escludiamo la classica See That My Grave Is Kept Clean di cui però Dorigatti mantiene solo il testo ed elabora un tema musicale originale con adeguato riff di chitarra che ben si adatta all’occorrenza, dimostrando di aver raccolto perfettamente i dettami del verbo blues in cui il brano originale è sempre lì lì per divenire qualcosa di completamente o (perché no?) similarmente diverso: non è un caso che il gruppo nel corso delle sue brillanti esibizioni live si conceda personalissime e indovinate riletture di brani che sembrano stare agli antipodi, come Purple Haze o Goodnight Irene. È il segnale più che evidente di come l’obiettivo di realizzare del blues spolverato di rock e roots music sia riuscito, senza fronzoli od artifizi irrilevanti.

Il lato A del disco si apre con due brani che la dicono subito lunga sui Bayou Side: No Money Blues e Unbound sono suonate, composte e cantate alla perfezione, nulla farebbe presagire – se non lo sapessimo già – che questo trio arriva dal Sudtirolo e non dalle pianure del Texas o dalle colline del Tennessee. Emily è una deliziosa traccia acustica, molto raccolta, mentre Voodoo Queen In Pink tradisce le radici jazz di Dorigatti, ma senza esagerare troppo, in Mary torna la chitarra acustica, il brano ha un’andatura tipicamente country-blues, a dimostrazione di quanto bene tutte le sfumature del genere siano state assorbite dal trio, poi la prima facciata va a chiudersi con l’energica I Get Lost, con l’acustica che ricama riff insieme al basso e Dorigatti che canta particolarmente ispirato mentre a completare il suono c’è, in qualità di ospite, una sofferta armonica soffiata da Giulio Brouzet.

La seconda parte inizia con Everything Is Alright convincente composizione in cui riaffiorano senza mai disturbare i trascorsi jazzistici di Dorigatti, testo azzeccato, batteria spazzolata e ancora gran lavoro della chitarra. First September Rain si apre invece con un’introduzione a cappella su cui poi i Bayou Side entrano all’unisono, le chitarre quasi in odor di Ry Cooder (ma avrete già capito che Dorigatti non ama farsi definire con paragoni: le sue influenze in campo blues sono le più disparate e lui è come un sarto che sapientemente taglia, cuce, assembla ma soprattutto ci mette del suo. Della riuscita trasposizione del brano di Blind Lemon Jefferson vi ho già detto più sopra, Lullaby For Me è invece un brano più raccolto, la chitarra acustica è deliziosamente intima come si addice ad una lullaby che si rispetti, il contrabbasso di Telfser è suonato con l’archetto e Dorigatti si fa accompagnare al canto da Irmi Amhof e Marion Feichter.

Per il gran finale il trio si affida a Not Ready To Go, una composizione sorretta da una slide da brivido e cantata con intensità.
La versione in CD include un brano in più, This Girl Is Mad, e l’ordine dei brani è differente, salvo che la canzoni con cui si aprono e chiudono sia CD che long playing in vinile (rigorosamente 180 grammi) sono le stesse.

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