LUPITA’S PROJECT – We Are Done

Lupita's 1 [81456]

LUPITA’S PROJECT – We Are Done (Riff Records 2016)

Bordate di tastiere penetranti in stile hammond e sferzate di chitarra elettriche su cui quella voce unica entra quasi in sordina: diavolo d’un Cletus Cobb, ancora una volta è riuscito a mettere insieme un disco giusto, lui e i suoi apostoli che ora si chiamano Lupita’s Project.

Cletus Cobb è lo pseudonimo con cui il camuno Alessandro Ducoli si fa chiamare quando invece che fare il cantautore decide di sviscerare la sua anima più ribelle, quella del rock’n’roller votato al folkandroll, come lo chiama lui, una miscela musicale in cui la sua passione per i rocker americani di stampo classico si unisce a quella per i songwriter e per il rock primordiale di Elvis, filtrato attraverso la lezione dei Clash. C’è tutto nella musica dei Lupita’s e la cosa che entusiasma maggiormente è che tutto suona incredibilmente vero, non ci sono atteggiamenti ad essere questo o quello, loro sono genuini, unici, sono quello che sembrano in ogni cosa che fanno, in ogni nota che sparano, ogni loro esibizione è una liturgia di folkandroll e lui, Cobb/Ducoli è il sacerdote officiante di questo rito sempre – ahinoi! – più dismesso.

Un rito che li lascia esausti e prosciugati a termine di ogni show, show in cui buttano letteralmente l ‘anima: e questo è un po’ il tema conduttore di questo loro nuovo disco, uscito sia in CD che in vinile rosa per la Riff Records, che si intitola “We Are Done”, siamo finiti, che è proprio come sono i Lupita’s al termine delle loro esibizioni. Un disco che è anche un atto d’amore, un atto d’amore per l’essere finiti (“Lovedone” il brano d’apertura), un atto d’amore per le fan (“Lovepussy”) e i loro amori (“Lovebimba”): tutti i brani del lato A del vinile infatti sono prefissati infatti con la parola Love. Il suono è potente, con la voce di Cobb, a seconda della bisogna immersa in cavernose raucedini, altre librata in lirici voli, soprattutto sempre sottolineata dalle tastiere di Valeruz Gaffurini e dalle chitarre elettriche suonate da Marlon Richards, l’uomo dei riff, autentico italico erede del più celebre Keith d’identico cognome.

A tenere il ritmo ci si mettono in tre, con risultato eccellente: il batterista Teo Marchese, il percussionista Blanco De La Fuente e il bassista Cosswho (indovinate un po’ chi è il suo referente?), tutti irrinunciabili nell’economia del sound Lupita’s.

Sette brani sette (quelli contenuti sul lato A del vinile) con almeno quattro eccellenze, tra cui “Lovedust”, composizione con la marcia giusta in tutti sensi, la citata “Lovebimba” densa di riferimenti familiari a chi conosce la poetica ducoliana, o cobbsiana che dir si voglia, e su tutte la finale “Loveline”, struggente ballata di quelle che entrano nella pelle, sottopelle e poi nelle viscere, con la chitarra di Richards che spettina letteralmente e fa accapponare la pelle e una coda d’organo di Gaffurini.

Il lato B non è da meno, oltre all’inedito capolavoro di “R’n’R Funeral”, posto in chiusura, troviamo altre sette tracce provenienti da lavori precedenti lavori del gruppo o del solo Cobb, quasi un greatest hits o un riassunto per chi si fosse perso le puntate precedenti: dalla devastante “Like A Rolling Stones”, alla splendida “Today”, una delle composizioni migliori del nostro, all’orecchiabile e deliziosa “House In The Woods” in cui Cobb fa vibrare la sua armonica come fosse quella di Neil Young, a “Lady Mud”, ispirata alle calzature infangate di Joe Cocker a Woodstock, a “Giacinto”, scanzonato omaggio alla fede calcistica di Cobb, fino all’immensa “I Got To Kill”, uno dei punti forti delle performance pubbliche della band, una composizione dalle fantastiche sfaccettature.

Non perdeteveli se suonano dalle vostre parti o se vi trovate dalle parti in cui suonano!
(http://www.riffrecords.it/)

Gaslight Hackenbush

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